Particolare del chiostro della chiesa di Santa Trophine Arles, Provenza, Francia |
Itinerario: (Bourg en Bresse), Gorges de l’Ardeche, Vaison-la-Romaine, Orange, Fontaine-de-Vaucluse, Sénanque, Avignone, Pont du Gard, Nimes, Les Antiques, Arles, Aigues-Mortes, La Camargue, Marsiglia
Periodo: primavera 1990 (più altre
volte)
Durata: tre settimane
Si potrebbe chiamare Non solo lavanda questo viaggetto in Provenza. Infatti la Provenza ha altro da proporre oltre ai vasti campi dedicati alla coltivazione di questa bellissima pianta. Anche in questo caso cerco, come la solito, di cogliere qualche particolare di questo altro, le chicche, lasciando alle infinite guide il compito di indicare percorsi e luoghi da visitare. Vorrei anche rivalutare un po’ l’immagine di Marsiglia che il turismo ingiustamente snobba.
Monastero reale di Brou.
Non c’entra nulla con la Provenza, ma se si vuole effettuare un circuito per andare o tornare attraverso la Savoia si può fare sosta a Bourg en Bresse (notevole cittadina con un centro storico ben conservato), e qui visitare lo spettacolare (3 stelle Michelin!) monastero reale di Brou, a pochi chilometri da Bourg. Una meraviglia meno conosciuta di quanto meriti. Perché reale? Perché fu eretto agli inizi del XVI secolo da Margherita d'Austria, duchessa di Savoia, per dare sepoltura a se stessa e al marito defunto, Filiberto II di Savoia. E anche a Margherita di Borbone, anch’essa duchessa di Savoia.
Le tombe di Margherita d'Austria (in alto) e di Filippo il Bello (in basso) Monastero reale di Le Brou, Bourg en Bresse, Savoia, Francia |
Provenza romana. Fu il filo conduttore del viaggio in una regione che conserva mirabili vestigia dell’epoca romana che potremmo essere sorpresi di incontrare fuori dall’Italia. Ma, come ormai mi sono reso conto, per vedere la romanità più bella e meglio conservata forse è necessario andare all’espero. Io, ad esempio, i monumenti romani più belli e numerosi li ho visti in Nordafrica. Non scambiamo per romani, in Italia, i templi di Paestum, di Agrigento, di Segesta, di Siracusa… Quelli sono greci.
La Maison Carrée, Nimes, Provenza, Francia |
Da nord a sud: Vaison-la-Romaine, Orange
(il teatro), Pont du Gard, Saint Remy de Provence (Les Antiques - Mausoleo dei
Giulii, Arco municipale e Glanum), Nimes (la Maison Carrée, l’anfiteatro, l’immensa necropoli di Les Alycampes) e Arles (l’anfiteatro).
Manifesto della corrida portoghese, Nimes, Provenza, Francia |
Quindi in Provenza mi sono ben guardato dall’accettare le proposte che i manifesti offrivano per le strade di Nimes o Arles, anche se la versione portoghese della corrida dovrebbe essere diversa da quella spagnola, almeno per il fatto principale che il toro non viene ucciso nell’arena, ma fuori. Per me comunque, ora come allora, non cambia molto: era e rimane un rito barbaro e nauseante, indegno di un paese civile. La cultura e la tradizione in questo caso non c’entrano nulla.
Arte romanica. Per chi ama l'arte romanica, in Provenza siamo in paradiso. Stupefacenti la facciata (e soprattutto il chiostro) della chiesa di St-Trophine ad Arles e la facciata della chiesa di St-Gilles, capolavori dell'XI e XII secolo. In entrambi i casi troviamo sculture e bassorilievi rappresentanti scene della vita di Cristo. Sorprendono l'ottimo stato di conservazione e la precisione dei dettagli anatomici delle figure e delle vesti.
Chiesa di St-Trophine (particolare del chiostro) Arles, Provenza, Francia |
Marsiglia. Chi va in Provenza spesso evita Marsiglia che, pure, è il capoluogo della regione. Tuttavia la città andrebbe visitata, perché non è male. Certamente sconta tanti pregiudizi e una storia complicata, oltre a un’immigrazione nei secoli debordante. Marsiglia ha dovuto affrontare nel tempo l’afflusso enorme di stranieri, perché la città è stata da sempre terra d’asilo e inclusione, anche se il termine francese “assimilation” aggiunge al concetto di inclusione anche quello di forzatura e obbligo. Nella storia arrivarono: greci, latini, ebrei, italiani in quantità, corsi, spagnoli, africani, maghrebini, immigrati dalle colonie d’oltremare… Una storia movimentata che nel tempo ha generato l’unità marsigliese, ma anche le difficoltà legate a una simile, massiccia immigrazione.
In sostanza Marsiglia per troppo tempo non è riuscita a cogliere i vantaggi del coacervo di culture che si è trovata nelle strade, subendone principalmente gli aspetti negativi. Da qui una cattiva reputazione, che, ad esempio, la città ha pagato duramente all’inizio del 1943, con la distruzione “esemplare” (unica in Francia!) del quartiere circondante il vecchio porto, indicato come luogo di clandestinità di ogni genere. Una profonda crisi economica e sociale negli anni 70-80 ha fatto il resto. E allora Marsiglia fatica a ritrovarsi davvero nelle parole dello scrittore marsigliese Jean-Claude Izzo (guarda caso di chiara discendenza italiana):
“Marsiglia appartiene all’esilio, questa città non sarà mai nient’altro, l’ultimo scalo del mondo. Il suo avvenire appartiene a quelli che arrivano, mai a quelli che partono”.
La trilogia marsigliese di Claude Izzo |
Credo quindi che, per aiutarsi a comprendere e conoscere un po’ questa città, bisognerebbe leggere proprio i gialli di Izzo (la trilogia marsigliese, che ha come protagonista lo strano poliziotto Fabio Montale). Nato e morto a Marsiglia troppo presto, Izzo, con una scrittura elegante e coinvolgente descrive, con collera e tenerezza, la città, la vita e i marsigliesi con acume e realismo. E soprattutto la città che cambia negli ultimi anni del ‘900. Che poi i suoi romanzi siano catalogati nel genere giallo (secondo me facendo loro un torto) ha poca importanza.
Infine, sembra incredibile, ma Marsiglia paga anche il fatto di essere una città del sud (rispetto alla Francia), quindi, andando per stereotipi, oziosa, inaffidabile, dedita al pastis. Non a caso, infatti, l’inventore e più grande produttore al mondo di questo liquore che porta il suo nome, molto amato in Francia – Paul Ricard – viene da qui.
Anche Il clan dei marsigliesi, (titolo originale: La scoumoune), film di successo del 1972 che narra una storia di mala degli anni Trenta, non ha aiutato l’immagine della città.
La Marsigliese. Il titolo originale è:
Canto di guerra - per l’armata del Reno - dedicata la maresciallo Luckner
Riporto 10 interessanti
curiosità sulla Marsigliese dal link La Marsigliese
Eugene de la Croix - La marsigliese |
La Marsigliese è una delle musiche più conosciute in assoluto. Non soltanto perché si è soliti ascoltarla prima dei grandi eventi sportivi ma anche perché l’inno francese è considerato uno dei più belli e patriottici di tutto il mondo. Ecco dieci curiosità su uno dei simboli della Francia.
1. Un trucco musicale. A differenza della maggior parte degli inni, La Marsigliese ha una piccola modulazione sul tono minore della tonalità, che è sol maggiore. Coincide con i versi: Ils viennent jusque dans vos bras, Égorger vos fils, vos compagnes (Vengono da voi per decapitare i vostri figli e le vostre mogli). Questo fa sì che la successiva strofa, in cui la melodia ritorna alla modalità principale, abbia ancora più forza, che sia sentita come una risurrezione: Aux armes, cytoyens! Formez vos bataillons!
8. Un inno controverso. Napoleone Bonaparte, uno dei figli della Rivoluzione francese, non amava La Marsigliese. Lo sostituì come inno con un'altra canzone rivoluzionaria chiamata Chant du Depart. Divenne così popolare in Francia che i soldati la chiamavano la sorella della Marsigliese.
10. Un monarchico in rovina. Pur avendo composto uno dei più indiscutibili successi della storia, Rouget de Lisle stava per morire in rovina. Fu proprio l'ultimo re dei francesi, Luigi I d'Orleans, che ebbe pietà dell'autore della canzone repubblicana per eccellenza e gli concesse una piccola pensione per poter vivere con dignità. Il motivo? Rouget de Lisle è stato un convinto monarchico per tutta la vita.
La città felice di Le Corbusier (la ville radieuse) a Marsiglia. Patrimonio dell’UNESCO. Sono molte le definizioni che sono state affibbiate a questo rivoluzionario edificio: una “città dentro un edificio”, “la casa del pazzo” (ovviamente lo stesso Le Corbusier), “un cubo di cemento”, “un’utopia”. E’ semplicemente il capolavoro del grande architetto, l’invenzione di una nuova architettura, di un nuovo e rivoluzionario modo di abitare. In realtà, al di là della dimensioni, a vederlo oggi non si direbbe che incarni la rivoluzione architetturale che le viene attribuita, ma occorre ricordare che è stata inaugurata nel 1952 e questo dice tutto. E per capire quanto influenzi ancora oggi il modo di costruire di tutto il mondo fino alla peggiori degenerazioni (almeno nei suoi tratti esterni), basta andare in una qualsiasi prima periferia di una qualsiasi città. A Bologna per esempio al Fossolo o alla Foscherara o alla Barca o al Marco Polo.
La ville radieuse di Le Corbusier, Marsiglia, Francia |
Per gli interessati ad approfondire lascio la parola a questo link: abitare-dentro-un-utopia
La Camargue, Provenza, Francia |
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