Periodo: agosto 2015
Durata: 10 giorni
Chicago è troppo famosa e conosciuta per mettermi a descriverla. Mi limito a riportare le mie impressioni e cosa mi ha colpito di questa bellissima città. Più qualche suggerimento.Tutto il resto (il Navy Pier, l'Adler Planetarium, lo Shedd Aquarium, i parchi, il museo di Storia naturale, dove è custodito il più grande Tyrannosaurus Rex mai trovato, la Robie House, considerata uno degli edifici più importanti del mondo e progettato da Frank Lloyd Wright all'inizio del '900, ecc... ecc...) lo lascio alle guide e al Web.
La
giovenca della signora O’Leary
Per più di
cento anni si è raccontata la leggenda che ad appiccare l’incendio che
distrusse Chicago fosse stata la giovenca della signora O’Leary che con un
calcio avrebbe rovesciato una lampada. In realtà alla fine fu chiaro che invece
era stato uno sprovveduto di nome Daniel Sullivan che poi aveva cercato di dare
la colpa alla mucca. Sta di fatto che l’8 ottobre 1881 divampò il grande
incendio che, alimentato dal vento, imperversò per tre giorni e distrusse tutta
la città. E quando si dice tutta, si intende proprio tutta, lasciando solo
pochi muri sbrecciati a alcuni pilastri abbrustoliti da fuoco.
Comunque sia andata, oltre a alcune centinaia di morti, furono distrutti
18.000 edifici.
Se l’incendio fu una tragedia dal punto di vista umano, insegnò alla città a non costruire tutto in legno e alla fine del secolo diede inizio ad un grandioso rinascimento, commissionando ai migliori architetti del paese (primo tra tutti Daniel Burnhum) la ricostruzione della città. Solo sei anni dopo l’incendio sorse a Chicago il primo grattacielo del mondo.
Se l’incendio fu una tragedia dal punto di vista umano, insegnò alla città a non costruire tutto in legno e alla fine del secolo diede inizio ad un grandioso rinascimento, commissionando ai migliori architetti del paese (primo tra tutti Daniel Burnhum) la ricostruzione della città. Solo sei anni dopo l’incendio sorse a Chicago il primo grattacielo del mondo.
L’esposizione universale del 1893
Per
accelerare la ricostruzione della città, Chicago organizzò anche l’Esposizione Universale
del 1893 (l’antenata dell’attuale Expo) che segnò un enorme successo e dove gli stessi
architetti dimostrarono al mondo come si possano costruire città a misura di
uomo con grattacieli e grandi innovazioni, ma anche con giardini e verde. Gli edifici sorti
a sud della città per l’esposizione erano bianchi e per questo la città si guadagnò
il soprannome di “White City” che mantiene ancora oggi.
La storia della lunga e
faticosa preparazione dell’esposizione è ben descritta nel romanzo-saggio “La
città bianca e il diavolo” di Erik Larson (Mondadori) che racconta anche le
contemporanee gesta di un serial killer che nello steso periodo uccise in una quantità
di donne prima di finire giustiziato.
A me è piaciuto molto.
I gioielli architettonici del Loop
Ho riportato
i due precedenti episodi per dire che la città che oggi ammiriamo e che si
presenta come un gioiello da punto di vista architettonico è una loro
conseguenza diretta, potendo vantare un armonioso mix di stili che partono dal liberty, passano per il deco per arrivare alla modernità più avanzata. Ovviamente
i più straordinari si trovano in centro (nel cosiddetto Loop).
-
Monadnock Building (53 W Jackson Blv)
-
Rookery Building (209 S La Salle Str)
-
Marshall Field Building (111 N State Str)
-
Sullivan Center (1 S State Str)
-
Marquette Building (140 S Deaborn Str)
-
Reliance Building (1 W Washington Str)
-
Santa Fe Building (224 S Muchigan Ave)
-
Klukzynski Building (230 S deaborn Str)
C’è da dire che, senza indicazioni precise, avreste difficoltà a distinguerli da tutti gli altri, perché anche quelli meno preziosi sono veramente belli.
A questi si
aggiungono altre opere d’arte, come lo spettacolare Jay Pritzker Pavillon di Frank
Ghery (quello del Gugghenheim di Bilbao e della casa Danzante di Praga – cito
solo le sue opere che ho visto) (https://it.wikipedia.org/wiki/Frank_Gehry). Di fianco a questo Gehry ha progettato anche il BP bridge e non va dimenticato il ponte pedonale (Nichols
Bridgeway), progetto di Renzo Piano, che dal giardino di fronte all’opera di
Gehry porta direttamente al terzo piano dell’Art Institude of Chicago, il museo
più bello della città. Il Loop è il centro della città. Si chiama così perché è
delimitato dal giro in tondo che la metropolitana soprelevata compie prima di
partire verso le periferie. Anche questa è un’opera notevole nata con
l’Esposizione Universale.
I mezzi pubblici negli Usa sono considerati poco (gli Americani “veri” viaggiano in macchina, anche in centro) e quindi la “El” o “L” (la sopraelevata) avrebbe bisogno di un po’ di manutenzione, ma rimane un’opera ingegneristica spettacolare. Il Loop non è molto vasto (1 km per 1,5 km), per cui si può percorrere in lungo e in largo a piedi con il naso in sù e stando attenti ai semafori. Facendo i furbi e fingendo di non capire, una buona (anche se maleducata) abitudine è entrare almeno nelle hall dei grattacieli che di solito sono la parte più elegante del building. Vi si possono trovare opere d’arte (lampadari, vetrate, boiserie) sorprendenti, o addirittura vetrate di Tiffany, come nel “normale” grattacielo dei grandi magazzini Macy’s.
I mezzi pubblici negli Usa sono considerati poco (gli Americani “veri” viaggiano in macchina, anche in centro) e quindi la “El” o “L” (la sopraelevata) avrebbe bisogno di un po’ di manutenzione, ma rimane un’opera ingegneristica spettacolare. Il Loop non è molto vasto (1 km per 1,5 km), per cui si può percorrere in lungo e in largo a piedi con il naso in sù e stando attenti ai semafori. Facendo i furbi e fingendo di non capire, una buona (anche se maleducata) abitudine è entrare almeno nelle hall dei grattacieli che di solito sono la parte più elegante del building. Vi si possono trovare opere d’arte (lampadari, vetrate, boiserie) sorprendenti, o addirittura vetrate di Tiffany, come nel “normale” grattacielo dei grandi magazzini Macy’s.
La visita dei grattacieli non è completa se, oltre al camminare tra essi, non si
vivono anche altre esperienze:
- - Un
giro in barca sul fiume Chicago; in realtà è un modesto corso d’acqua che gira
attorno al Loop, passando proprio tra e alla base dei grattacieli; facile
trovare direttamente all’imbarcadero sul fiume una delle molte agenzie che
propongo questo tour imperdibile, corredato da ampie spiegazioni sulla storia
dei vari grattacieli che si sfiorano;
- - Un
giro su una linea della “El” che percorre il Loop per intero; in questo caso la
vista dei grattacieli è più alta e cambia il punto di vista;
- -Non
può mancare la vista dall’alto (400 m.), basta salire (l’affollamento è enorme)
sullo skydesk della Willis Tower oppure sulla cima del John Hancock Center (qui
c’è molta meno gente). Se c’è il sole (meglio nel tardo pomeriggio o al mattino) le viste sui grattacieli e il lago sono splendide.
- - Una
biciclettata lungo la pista ciclabile che costeggia il lago, attraverso il
Millennium Park e il Grant park fino al Shedd Aquarium e all’Adler Planetarium,
da dove si gode la vista d’insieme più spettacolare dello skyline.
Automobili
Come ben
sappiamo, in America in metropolitana vanno solo i turisti e quelli che abitano
nelle prime periferie (tendenzialmente poveri e non bianchi). E Chicago non fa
eccezione. Gli Americani viaggiano quasi solo in auto, ma non si lasciano
soffocare dalla stesse come noi. Vi stupirete nel trovare che in centro molti
grattacieli, anche tra i più eleganti e nobili, dedicano i primi dieci o venti
piani a garage per le macchine. I parcheggi costano un occhio (anche 30/40
dollari al giorno), ma a Chicago le macchine in sosta non esistono e il
traffico scorre fluido.
Per dare
un’idea precisa della dipendenza degli Americani dall’auto, riporto un fatto. Siamo
andati ad uno spettacolo del Cirque du Soleil (“Kurios”, splendido) all’United
Center (per i basketdipendenti: è la sede dei Chicago Bulls!) che dista dal
Loop solo 4 fermate di metro. C’erano circa 2.500 spettatori. Ebbene ci credete
se dico che al ritorno alla fermata più vicina della metro siamo andati in 4? Oltre a noi
due c’erano due ragazzi stranieri.
Architettura di strada (arte
pubblica)
L’aspetto
più sorprendente di Chicago è stato scoprire, disseminate nelle piazze e nelle
strade, decine di opere d’arte (sculture) di grandi dimensioni (anche di 10-15
metri di altezza). La Lonely Planet la chiama “arte pubblica”. E fin qui non
c’è nulla di eccezionale, l’eccezionale arriva quando ne scopriamo gli
autori. Date un’occhiata a questo elenco ‘minimo’ (rimando alle foto e, anche in questo caso, a Internet per i dettagli e la storia):
-
Untitled (50 W Washington Str) di Pablo
Picasso
-
Mirò’s Chicago (69 W Washington Str) di Joan Mirò
-
Monument with standing Beast (100 W Randolph Str) di Jan
Debuffet
-
Four Season (10 S Deaborn Str) – un grande
mosaico - di Marc Chagall
-
Flamingo (50 W Adams Str) di Alexander
Calder
E forse
qualcuna m’è scappata e senza contare quelle di autori a me sconosciuti. Aggiungo
l’ultima:
- Il fagiolo magico (the Bean) - nome ufficiale: Cloud Gate - (attrazione del Millennium Park) di
Anish Kapoor. Si tratta di un’opera sorprendente, un enorme fagiolo d’acciaio
inossidabile che riflette (con deformazioni spettacolari) lo skyline e le
migliaia di selfie-turisti che gli si affollano intorno.
Sono opere
splendide (ovvio, visti gli autori) installate su strade e piazze alla portata
di tutti. Che so, il solito imbecille, frequentissimo a Bologna, potrebbe
incontrare sulla sua strada una scultura di Moore o un mosaico lungo 20 metri
di Chagall e scriverci sopra un bel “messaggio”. La società americana non mi
piace, ma devo prendere atto che per certi aspetti è invidiabile. Perché non ho
visto, mai, su nessuna di esse (come del resto dappertutto nel Loop) un segno, uno
scarabocchio o il più piccolo adesivo appiccicato. Se penso a come hanno
ridotto le opere di Giò Pomodoro che incautamente avevamo installato in piazza
Verdi… Un altro mondo, amici…
The Blues Brothers
Forse il
film cult di John Landis, per me una pietra miliare della cinematografia internazionale,
riveste poca importanza per i più giovani, forse il remake (The Blues Brothers: il mito continua, una
vera puttanata) girato nel 1998, interpretata dagli stessi protagonista
invecchiati, incalviti e ingrassati (a cominciare da Dan Akroyd), ne
ha un po’ sputtanato l’immagine, anche se credo che non l’abbia visto nessuno.
Sta di fatto che mi aspettavo che Chicago riservasse maggior attenzione al mito legato a questa pellicola che credo l’abbia fatta conoscere nel mondo più di qualsiasi
altra iniziativa, anche solo per sfruttarla commercialmente.
Invece, in una città in cui si offre di tutto al turista (compreso un tour nei luoghi che furono teatro delle gesta di Al Capone, a cominciare dal luogo che ospitò la strage di San Valentino) pare che dei Blues Brothers interessi poco. Sì, qualcosa c’è su Internet, un sito di fa fa l’elenco delle location del film (http://www.bluesbrotherscentral.com/locations), ma poca roba. Ne ho viste alcune senza ritrovare tracce del mito. Anche il negozio di Ray (Charles) sulla 47th, dove i due fratelli vanno a comprare (a credito) gli strumenti della banda, ha cambiato mestiere e faccia, ora molto più dimessa, e il grande murale all’esterno del negozio di fronte al quale ballano i passanti, sembra che non sia rinverdito da tempo e sta scomparendo. Peccato!
I murales di Pilsen
Quando in
una città c’è un quartiere messicano, qui non mancano i murales. Anche a
Chicago, nel quartiere Pilsen, dove anche i menù dei ristoranti sono in spagnolo
e in spagnolo si parla, sembra di essere a Città del Massico. E quindi a Pilsen
questa forma di arte tradizionale spopola in ogni angolo. I murales sono enormi e dappertutto: su scuole, chiese, negozi,
stazioni della “El”.
Qualunque sia il soggetto (la vergine di Guadalupe o il riscatto popolare) sono enormi e coloratissimi. Quindi un giro a Pilsen lungo la 16th e 18th per me è un must.
Art Institute of Chicago ed Edward Hopper
Si può
attraversare l’Atlantico per vedere un quadro? Probabilmente no e anch’io mi
attengo alla regola. Ma se uno va Parigi solo per vedere la Gioconda, allora…
E’ in ogni caso da non perdere questo museo bellissimo per contenuti ed
esposizione, uno dei più belli al mondo. E ovviamente da non mancare il
capolavoro di Hopper qui esposto: The
Nighthawks (I nottambuli), per me, forse, il quadro principe del ‘900.
Un’altra sorpresa: Archibald Mosley
Non
conoscevo questo pittore nero americano che pure credo abbia esposto qualcosa
in Italia e ho trovato una sua mostra al Cultural Center. Non è Hopper, ma mi è piaciuto
molto. Se vi capita...
Per saperne di più: https://en.wikipedia.org/wiki/Archibald_Motley
Per saperne di più: https://en.wikipedia.org/wiki/Archibald_Motley
Nessun commento:
Posta un commento