martedì 6 ottobre 2015

Viaggio in UGANDA

Giraffe nel Murchinson Falls Nat. Park - Uganda
Paese attraversato: Uganda
Itinerario: Kampala, Lake Mburo Nat. Park, Kabale, Kisoro, Bwindi Impenetrable Nat. Park, Qeen Elisabeth Nat. Park, Fort Portal, Kibale Nat. Park, Semiliki Wildlife Reserve, Marchinson Falls Nat. Park, Budongo Forest Reserve, Jinja (sorgenti del Nilo), paludi di Mabamba, Entebbe
Periodo: luglio/agosto 2006
Durata: 24 giorni



Avevamo tentato di arrivare in Uganda già nel 1983 in un viaggio che intendeva compiere il periplo del lago Vittoria, ma al nostro arrivo a Nairobi il personale dell'ambasciata italiana ci sconsigliò di andarci per problemi di sicurezza. In effetti eravamo nel periodo più tragico della storia recente del paese, insanguinato dai ripetuti colpi di stato di Amin Dada e Milton Obote, con conseguenti massacri incrociati. E così da Nairobi volammo direttamente in Ruanda.
Quando arrivammo (nel 2006) l’Uganda era molto cambiata, il paese era tranquillo anche se pagava ancora le conseguenze dei terribili decenni precedenti. Una delle più tristi per quelli come noi (stranieri e in giro per i parchi nazionali) era trovare la fauna, che un tempo era abbondante, molto ridotta dal suddetto Amin che fece della caccia sconsiderata un motivo di distinzione. Ma nonostante questo trovammo un paese che dal punto di vista naturalistico (se non ci limitiamo alla quantità e ai volumi, ma anche alla varietà) metto senz’altro ai primissimi posti in Africa. Favorito dalla diversità degli ambienti (dalle savane della Rift Valley alle montagne tropicali d’altura della catena del Ruwenzori, dai grandi laghi al corso del Nilo) l’Uganda presenta una varietà di climi e di fauna strepitosa.

26 luglio 2006 (una giornata ripetibile): sarebbe stata irripetibile se non ne avessi vissuta una simile nel 1983. Seconda visita ai gorilla di montagna (gorilla gorilla beringei) in libertà nel loro habitat naturale nel il Bwindi Impenetrable National Park. Due visite in due paesi diversi, a distanza di tanto tempo, un privilegio che non so quanti possano vantare. Per fortuna l’Uganda, come i pochi paesi che ancora ospitano alcuni gruppi di questi primati (faccio fatica a chiamarli animali), si stanno rendendo conto della loro importanza, se non altro per i soldi scuciti dai viaggiatori che da tutto il mondo vengono a cercarli. E può anche essere che la protezione paghi più del bracconaggio. Il numero contenuto dei visitatori ammessi nel parco costringe a prenotazioni molto anticipate, oppure ad accedere al parco da sud, dal lato più scomodo. Come capitò a noi. Invece l’accesso al parco da sud si dimostrò molto più bello e interessante: meno viaggiatori (eravamo in 8, l'unico gruppo della giornata), luoghi meno battuti e, soprattutto, sosta per la notte nella spettacolare valle di Kisoro con i vulcani della catena del Ruwenzori che incombevano tanto vicini da poterli quasi toccare.
Le nebbie verso i gorilla di montagna - Uganda
Lasciammo Kisoro che era ancora buio. Quando sorse il sole ci rendemmo conto che stavamo attraversando (su una pista infernale) una cresta a 2.000 metri di altitudine che separava due profonde valli in quel momento invase dalla nebbia. Sembrava di procedere verso il paradiso galleggiando sulle nuvole. La lentezza della marcia ci permetteva di salutare i bambini che andavano a scuola (a piedi) nelle loro divise colorate e la gente che si recava al lavoro nei campi. Dopo due ore di fuoristrada arrivammo al quartier generale dei ranger del parco. Breve corso di convivenza con i gorilla: movimenti lenti, non guardarli direttamente negli occhi (considerato da loro una minaccia), in caso di attacco (una prova di forza, mai reale e pericolosa) inginocchiarsi e chinare la fronte in atto di sottomissione.
Altre due ore di camminata tra i campi coltivati, poi mezz’ora di discesa vertiginosa per arrivare all’inizio della foresta. Quindi un’altra mezz’ora di risalita. Salire e scendere attraverso un foresta pluviale di montagna vuol dire arrancare aggrappandosi alle liane che pendono dagli alberi, col caldo e l’umidità tropicale che asfissia, seguendo i ranger che aprono qualche passaggio con il machete. Se poi piove, diventa un massacro.
Il gruppo dei gorilla è monitorato, c’è un ranger che li segue e e quindi, a occhio e croce, si sa dove hanno trascorso la notte. Ma non sono legati e quindi, sempre, è necessario una ricerca, più o meno lunga, per trovarli. La fortuna ci aiutò e, dopo un'altra mezz’ora di salita, udimmo un grugnito che non era un richiamo dei ranger. Erano vicini: un colpo di fortuna. E non stava piovendo, un altro colpo di fortuna. Erano le 11:35 del 26 agosto 2006 ed erano là, a meno di 2.000 di altitudine e non a 3.000 come ci era capitato in Ruanda.
Gorilla di montagna (gorilla gorilla beringei)
Uganda
Eravamo finiti in mezzo ad un gruppo di 22 esemplari. Lo scoprimmo dai ranger, perché il fitto della foresta non ci consentiva di vederne contemporaneamente più di sette o otto. E forse era più emozionante così, perché, mentre uno scompariva dalla vista, una altro sbucava alle nostre spalle. Perché non eravamo “di fronte” al gruppo, eravamo proprio in mezzo a loro, mentre noi con i nostri spostamenti apparivamo e scomparivamo dalla vista degli altri compagni. Incontrammo anche Nkuringo, il capobranco, il silver back (maschio dominante con la schiena argentata), sempre in posizione elevata e attento a controllare e proteggere il branco. Alcuni piccoli giocavano a inseguirsi, ruzzolando da tutte le parti rumorosamente.
Guardavo di sottecchi i loro occhi gialli: come si fa a chiamarli animali? La stessa sensazione di 23 anni prima: sono intelligenti, ti scrutano e sembra che stiano per parlarti. Meno del 2% del loro DNA differisce dal nostro (l’uso della parola e della mano), come si fa a chiamarli animali? Il silver back si accoppiò di fronte a noi (un altro colpo di fortuna). Un giovane maschio caricò un nostro compagno, ma era solo una prova di forza. Quando si spostavano li seguivamo lentamente e con grande fatica. Grugniti loro e dei ranger. Un’ora (tempo massimo di visita concesso) passò in fretta e dovemmo andarcene, ma le regole erano chiare: non più di un’ora.
Uscimmo dalla foresta e ne scorgemmo un paio che si dirigevano come noi verso i campi. Grande rischio, perché in questo modo uscivano dall’area di sicurezza e fuori da questa c’era l’uomo, il vero nemico. E non potei fare a meno di pensare che questo maestoso essere, dotato di una forza tale da rompermi l’osso del collo con la stessa facilità con al quale io spezzo un grissino, in realtà è molto fragile e dipende totalmente da noi. Buona fortuna amico peloso!
Il ritorno fu una penosa camminata di più di tre ore, della quale ricordo poco. Ma ricordo però di aver pensato che qualche chilo e 23 anni in più sulle spalle facevano la differenza con la visita ai gorilla del Ruanda.
Ma ne valse la pena, eccome, compreso pagare 320 dollari per il permesso di visita ai gorilla di montagna nel Bwindi Impenetrable National Park. 



I regni neri
Formalmente aboliti nel 1967, i regni tradizionali dell’Uganda sono stati nuovamente riconosciuti dal governo centrale nel 1993 come entità culturali. Non si tratta di distretti amministrativi, ma di veri e propri “regni” indigeni a carattere culturale, alcuni dei quali vantano antiche e nobili dinastie. Si formarono a partire dal XV secolo, e prevalentemente nell'area meridionale e con essi si dovette misurare il colonialismo inglese nell’800. Che, come al solito, li sottomise mettendoli uno contro
Le tombe di Kasubi a Kampala - Uganda
l’altro:
divide et impera è sempre attuale. Invisibili, ovviamente, agli stranieri, mantengono un’importanza notevole nel paese e con essi deve fare i conti anche il potere centrale dello stato. Forse il più importate è il regno del Buganda, che copre il territorio centrale del pase dove si trova la capitale Kampala. Le uniche tracce di questo regno le trovammo visitando le tombe di Kasubi a Kampala. Qui, in un edificio rotondo con il tetto di paglia, sono raccolti cimeli e quattro tombe reali e il luogo è considerato un importante centro spirituale. Sono patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
La ricerca della storia di un altro regno (quello di Bunyoro) ci portarono poi alla visita della tombe di Mparo, dove trovano riposo il re Kabalega e i suoi discendenti. Kabalega viene ancora ricordato con venerazione per la sua lotta contro gli inglesi con i quali si era alleato il regno di Buganda (guarda un po’!) contro di loro. Il re rimane una figura chiave della storia africana per la lotta condotta contro l’imperialismo. Il criminale dittatore Amin Dada fece una sola azione meritoria durante la sua dittatura (anni ’70). Cambiò il nome alle Murchinson Falls nell’omonimo parco nominandole Kabalega Falls. Alla caduta di Amin le cascate ripresero il nome inglese.

La conquista del Ruwenzori: guarda la coincidenza! Nell’anno del nostro viaggio cadeva il centenario della conquista della cima del Ruwenzori, la cima più alta dell’omonimo massiccio, aspro e sempre coperto dalla nebbia, che si alza a ovest del paese ai confini con il Congo. Una montagna misteriosa, dominata da un’intricata foresta coperta di muschi, licheni e piante di dimensioni enormi.
Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli Abruzzi, ne conquistò la vetta a 5.119 metri attaccandolo dal versante ugandese: era il 18 giugno del 1906.
A distanza di 100 anni una mostra fotografica allestita presso il Museo della Montagna a Torino ne celebrò l’anniversario. Le foto erano di Vittorio Sella, il fotografo che partecipò alla spedizione. Vedemmo quella mostra a Torino? No, la vedemmo nel museo Nazionale dell’Uganda a Kampala, dove era stata allestita in contemporanea la stessa mostra. Foto splendide e molto interessanti perché, oltre al reportage sull’impresa, mostravano anche scene di vita locale e ritratti di dignitari e reali del regni neri (vedi sopra) che a quei tempo dominavano l’Uganda.

I grandi laghi
L’Uganda si estende nella parte nord dell’enorme bacino idrico che nell’800 fece impazzire geografi ed esploratori alla ricerca delle sorgenti del Nilo. La concentrazione di grandi laghi in Uganda è notevole: contiamo il lago Vittoria, il lago Kyoga, il lago Edoardo, il lago Giorgio (collegato al precedente dal canale Kazinga, patria di uccelli, ippopotami, coccodrilli ed elefanti) e il lago Alberto. Furono tutti coinvolti nella suddetta ricerca delle sorgenti del grande fiume.

Le sorgenti del Nilo
Le cascate Murchinson - Uganda
Dove sono le sorgenti del Nilo? E’ l’enigma millenario, nascosto in un dedalo di laghi e fiumi, che ha attizzato nei secoli la fantasia di mercanti, esploratori e viaggiatori, trovando una risposta definitiva solo nella seconda metà dell'Ottocento. Si cominciò con Claudio Tolomeo che scrisse nel II secolo d. C. che il Nilo scorreva dall'equatore al Mediterraneo, dopo essere nato da due laghi circolari, alimentati a loro volta da vari fiumi provenienti dal massiccio dei «lunae montes», regno delle nevi perenni. I monti della luna sono le cime del Ruwenzori e, dei grandi laghi circolari, uno è il Vittoria. Nel 1857 Richard Burton e John Speke, dopo aver condotto sul posto ricerche separate, giunsero a conclusioni diverse: Speke disse che il Nilo nasceva dal lago Vittoria, mentre Burton era convinto che la sorgente fosse il lago Tanganica. Aveva ragione Speke. Alla “gara” partecipò anche il più famoso degli esploratori, David Livingston, che però perse la competizione spingendosi troppo a sud. Mistero risolto quindi? No, perché se è vero che il Nilo nasce dal Vittoria, è anche vero che ci dobbiamo chiedere: chi riempie il Vittoria (piogge a parte)? E se rimaniamo nello stesso bacino, allora forse le sorgenti del Nilo si spostano più a monte.  E infatti più a sud del lago esiste un fiume che sfocia nel lago Vittoria, il più grande di tutti gli immissari. E’ il fiume Akagera che scorre in Ruanda. E quelle sono le vere sorgenti del Nilo.

I parchi naturali
Come detto, in Uganda non vivono le mandrie di animali che troviamo in Tanzania o in Kenya, ma c’è una varietà sorprendente. Nonostante la caccia indiscriminata, l’ambiente favorevole, le foreste, l’acqua abbondante hanno consentito alla fauna di riprendersi in parte dopo gli stermini e sopravvivere con buona rappresentanza. Va detto che cominciarono gli Inglesi, i quali, per riparare ai danni procurati alla fauna o semplicemente per aggiungere altri esotici trofei di caccia ai loro carnieri, pensarono addirittura di introdurre la tigre nella Similiki Wildlife Reserve (un paradiso che si affaccia sul lago Alberto, ma dove gli animali sono rari) prelevandola da un altro paese del loro impero coloniale (l’India).
I fiore all’occhiello dell’Uganda sono comunque i primati, che noi trovammo ben rappresentati, a cominciare dai gorilla di montagna (nel Bwindi Inpenetrable Nat. Park), per arrivare agli scimpanzè (avvistati nella gole di Chambura e nel Kibale National Park). Tutti avvistamenti rari e difficili.
Spettacolare il Murchinson Falls Nat. Park che si affaccia sulla riva nord del lago Alberto inglobando tratti del Nilo che, al suo interno, entra ed esce dal lago e crea un ambiente particolarmente favorevole alla vita della fauna selvatica. In queste paludi, in mezzo ad acacie e papiri, scorgemmo anche un rarissimo esemplare di uccello becco a scarpa, che vive solo qui e nelle paludi di Mabamba.
Uccello dal becco a scarpa - Uganda
Da non perdere una visita alle famose e omonime cascate (sia in barca da sotto che a piedi da sopra).
Bello il Mburo Nat. Park, che offre una varietà di uccelli rara, soprattutto di aquile pescatrici e martin pescatori.
Aquila pescatrice - Uganda
Bello il Qeen Elizabeth Nat. Park.
Fummo fortunati anche per l’avvistamento dei pitoni, che in natura non avevo mai visto. Uno lo trovammo in una grotta nella foresta di Maramagambo che dava rifugio a migliaia di pipistrelli. Abitava lì di fianco al suo cibo preferito. L’altro ce lo mostrò il padrone del lodge che ci ospitava nel Semiliki Nat. Park. Era enorme (il pitone): 5 metri appeso ai rami di un’acacia. Impressionante!
Da ricordare alla fine anche le paludi di Mabamba, vicino a Entebbe, un vero paradiso terrestre, da navigare lentamente alla scoperta di fiori e uccelli. Anche qui è possibile avvistare l'uccello dal becco a scarpa. Nonostante i pazienti appostamenti questa volta la fortuna non ci arrise.


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