Itinerario: Kampala, Lake Mburo Nat. Park, Kabale, Kisoro, Bwindi
Impenetrable Nat. Park, Qeen Elisabeth Nat. Park, Fort Portal, Kibale Nat.
Park, Semiliki Wildlife Reserve, Marchinson Falls Nat. Park, Budongo Forest
Reserve, Jinja (sorgenti del Nilo), paludi di Mabamba, Entebbe
Periodo: luglio/agosto 2006
Durata: 24 giorni
Avevamo tentato di arrivare in Uganda già
nel 1983 in un viaggio che intendeva compiere il periplo del lago Vittoria, ma
al nostro arrivo a Nairobi il personale dell'ambasciata italiana ci sconsigliò
di andarci per problemi di sicurezza. In effetti eravamo nel periodo più
tragico della storia recente del paese, insanguinato dai ripetuti colpi di stato
di Amin Dada e Milton Obote, con conseguenti massacri incrociati. E così da Nairobi
volammo direttamente in Ruanda.
Quando arrivammo (nel 2006) l’Uganda era molto
cambiata, il paese era tranquillo anche se pagava ancora le conseguenze dei
terribili decenni precedenti. Una delle più tristi per quelli come noi (stranieri
e in giro per i parchi nazionali) era trovare la fauna, che un tempo era
abbondante, molto ridotta dal suddetto Amin che fece della caccia sconsiderata
un motivo di distinzione. Ma nonostante questo trovammo un paese che dal punto
di vista naturalistico (se non ci limitiamo alla quantità e ai volumi, ma anche
alla varietà) metto senz’altro ai primissimi posti in Africa. Favorito
dalla diversità degli ambienti (dalle savane della Rift Valley alle montagne
tropicali d’altura della catena del Ruwenzori, dai grandi laghi al corso del Nilo) l’Uganda
presenta una varietà di climi e di fauna strepitosa.
26 luglio 2006 (una giornata ripetibile): sarebbe stata irripetibile se non ne avessi vissuta
una simile nel 1983. Seconda visita ai gorilla di montagna (gorilla gorilla beringei) in libertà nel loro habitat naturale nel il
Bwindi Impenetrable National Park. Due visite in due paesi diversi, a distanza
di tanto tempo, un privilegio che non so quanti possano vantare. Per fortuna
l’Uganda, come i pochi paesi che ancora ospitano alcuni gruppi di questi primati
(faccio fatica a chiamarli animali), si stanno rendendo conto della loro
importanza, se non altro per i soldi scuciti dai viaggiatori che da tutto il
mondo vengono a cercarli. E può anche essere che la protezione paghi più
del bracconaggio. Il numero contenuto dei visitatori ammessi nel parco
costringe a prenotazioni molto anticipate, oppure ad accedere al parco da sud,
dal lato più scomodo. Come capitò a noi. Invece l’accesso al parco da sud si
dimostrò molto più bello e interessante: meno viaggiatori (eravamo in 8, l'unico gruppo della giornata),
luoghi meno battuti e, soprattutto, sosta per la notte nella spettacolare valle
di Kisoro con i vulcani della catena del Ruwenzori che incombevano tanto vicini
da poterli quasi toccare.
Lasciammo Kisoro che era ancora buio.
Quando sorse il sole ci rendemmo conto che stavamo attraversando (su una pista
infernale) una cresta a 2.000 metri di altitudine che separava due profonde
valli in quel momento invase dalla nebbia. Sembrava di procedere verso il
paradiso galleggiando sulle nuvole. La lentezza della marcia ci permetteva di
salutare i bambini che andavano a scuola (a piedi) nelle loro divise colorate e
la gente che si recava al lavoro nei campi. Dopo due ore di fuoristrada
arrivammo al quartier generale dei ranger del parco. Breve corso di convivenza
con i gorilla: movimenti lenti, non guardarli direttamente negli occhi (considerato
da loro una minaccia), in caso di attacco (una prova di forza, mai reale e
pericolosa) inginocchiarsi e chinare la fronte in atto di sottomissione.
Altre due ore di camminata tra i campi
coltivati, poi mezz’ora di discesa vertiginosa per arrivare all’inizio della
foresta. Quindi un’altra mezz’ora di risalita. Salire e scendere attraverso un
foresta pluviale di montagna vuol dire arrancare aggrappandosi alle liane che
pendono dagli alberi, col caldo e l’umidità tropicale che asfissia, seguendo i
ranger che aprono qualche passaggio con il machete. Se poi piove, diventa un
massacro.
Il gruppo dei gorilla è monitorato,
c’è un ranger che li segue e e quindi, a occhio e croce, si sa dove hanno
trascorso la notte. Ma non sono legati e quindi, sempre, è necessario una
ricerca, più o meno lunga, per trovarli. La fortuna ci aiutò e, dopo un'altra mezz’ora
di salita, udimmo un grugnito che non era un richiamo dei ranger. Erano vicini:
un colpo di fortuna. E non stava piovendo, un altro colpo di fortuna. Erano le 11:35
del 26 agosto 2006 ed erano là, a meno di 2.000 di altitudine e non a 3.000
come ci era capitato in Ruanda.
Eravamo finiti in mezzo ad un gruppo di
22 esemplari. Lo scoprimmo dai ranger, perché il fitto della foresta non ci
consentiva di vederne contemporaneamente più di sette o otto. E forse era più
emozionante così, perché, mentre uno scompariva dalla vista, una altro
sbucava alle nostre spalle. Perché non eravamo “di fronte” al gruppo, eravamo
proprio in mezzo a loro, mentre noi con i nostri spostamenti apparivamo e
scomparivamo dalla vista degli altri compagni. Incontrammo anche Nkuringo, il capobranco, il silver back (maschio
dominante con la schiena argentata), sempre in posizione elevata e attento a
controllare e proteggere il branco. Alcuni piccoli giocavano a inseguirsi,
ruzzolando da tutte le parti rumorosamente.
Guardavo di sottecchi i loro occhi
gialli: come si fa a chiamarli animali? La stessa sensazione di 23 anni prima:
sono intelligenti, ti scrutano e sembra che stiano per parlarti. Meno del 2%
del loro DNA differisce dal nostro (l’uso della parola e della mano), come si
fa a chiamarli animali? Il silver back si accoppiò di fronte a noi (un altro
colpo di fortuna). Un giovane maschio caricò un nostro compagno, ma era solo
una prova di forza. Quando si spostavano li seguivamo lentamente e con grande
fatica. Grugniti loro e dei ranger. Un’ora (tempo massimo di visita concesso)
passò in fretta e dovemmo andarcene, ma le regole erano chiare: non più di
un’ora.
Uscimmo dalla foresta e ne scorgemmo un
paio che si dirigevano come noi verso i campi. Grande rischio, perché in questo
modo uscivano dall’area di sicurezza e fuori da questa c’era l’uomo, il vero
nemico. E non potei fare a meno di pensare che questo maestoso essere, dotato
di una forza tale da rompermi l’osso del collo con la stessa facilità con al
quale io spezzo un grissino, in realtà è molto fragile e dipende totalmente da
noi. Buona fortuna amico peloso!
Il ritorno fu una penosa camminata di
più di tre ore, della quale ricordo poco. Ma ricordo però di aver pensato che
qualche chilo e 23 anni in più sulle spalle facevano la differenza con la visita
ai gorilla del Ruanda.
Ma ne valse la pena, eccome, compreso
pagare 320 dollari per il permesso di visita ai gorilla di montagna nel Bwindi
Impenetrable National Park.
I regni neri
Formalmente aboliti nel 1967, i regni tradizionali
dell’Uganda sono stati nuovamente riconosciuti dal governo centrale nel 1993 come entità culturali. Non si tratta
di distretti amministrativi, ma di veri e propri “regni” indigeni a carattere
culturale, alcuni dei quali vantano antiche e nobili dinastie. Si formarono a
partire dal XV secolo, e prevalentemente
nell'area meridionale e con essi si dovette misurare il colonialismo inglese
nell’800. Che, come al solito, li sottomise mettendoli uno contro
l’altro: divide et impera è sempre attuale. Invisibili,
ovviamente, agli stranieri, mantengono un’importanza notevole nel paese e con
essi deve fare i conti anche il potere centrale dello stato. Forse il più
importate è il regno del Buganda, che copre il territorio centrale del pase
dove si trova la capitale Kampala. Le uniche tracce di questo regno le trovammo
visitando le tombe di Kasubi a Kampala. Qui, in un edificio rotondo con il
tetto di paglia, sono raccolti cimeli e quattro tombe reali e il luogo è
considerato un importante centro spirituale. Sono patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
La ricerca
della storia di un altro regno (quello di Bunyoro) ci portarono poi alla visita
della tombe di Mparo, dove trovano riposo il re Kabalega e i suoi discendenti.
Kabalega viene ancora ricordato con venerazione per la sua lotta contro gli
inglesi con i quali si era alleato il regno di Buganda (guarda un po’!) contro
di loro. Il re rimane una figura chiave della storia africana per la lotta
condotta contro l’imperialismo. Il criminale dittatore Amin Dada fece una sola
azione meritoria durante la sua dittatura (anni ’70). Cambiò il nome alle
Murchinson Falls nell’omonimo parco nominandole Kabalega Falls. Alla caduta di
Amin le cascate ripresero il nome inglese.
La conquista del Ruwenzori: guarda la coincidenza! Nell’anno del nostro viaggio
cadeva il centenario della conquista della cima del Ruwenzori, la cima più alta
dell’omonimo massiccio, aspro e sempre coperto dalla nebbia, che si alza a ovest
del paese ai confini con il Congo. Una montagna misteriosa, dominata da
un’intricata foresta coperta di muschi, licheni e piante di dimensioni enormi.
Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli
Abruzzi, ne conquistò la vetta a 5.119 metri attaccandolo dal versante
ugandese: era il 18 giugno del 1906.
A distanza di 100 anni una mostra
fotografica allestita presso il Museo della Montagna a Torino ne celebrò
l’anniversario. Le foto erano di Vittorio Sella, il fotografo che partecipò
alla spedizione. Vedemmo quella mostra a Torino? No, la vedemmo nel museo
Nazionale dell’Uganda a Kampala, dove era stata allestita in contemporanea la
stessa mostra. Foto splendide e molto interessanti perché, oltre al reportage
sull’impresa, mostravano anche scene di vita locale e ritratti di dignitari e
reali del regni neri (vedi sopra) che a quei tempo dominavano l’Uganda.
I grandi laghi
L’Uganda si estende nella
parte nord dell’enorme bacino idrico che nell’800 fece impazzire geografi ed
esploratori alla ricerca delle sorgenti del Nilo. La concentrazione di grandi
laghi in Uganda è notevole: contiamo il lago Vittoria, il lago Kyoga, il lago
Edoardo, il lago Giorgio (collegato al precedente dal canale Kazinga, patria di
uccelli, ippopotami, coccodrilli ed elefanti) e il lago Alberto. Furono tutti
coinvolti nella suddetta ricerca delle sorgenti del grande fiume.
Le sorgenti del Nilo
Dove sono le sorgenti del Nilo? E’ l’enigma
millenario, nascosto in un dedalo di laghi e fiumi, che ha attizzato nei secoli
la fantasia di mercanti, esploratori e viaggiatori, trovando una
risposta definitiva solo nella seconda metà dell'Ottocento. Si cominciò con Claudio
Tolomeo che scrisse nel II secolo d. C. che il Nilo scorreva dall'equatore al
Mediterraneo, dopo essere nato da due laghi circolari, alimentati a loro volta
da vari fiumi provenienti dal massiccio dei «lunae montes», regno delle nevi
perenni. I monti della luna sono le cime del Ruwenzori e, dei grandi laghi
circolari, uno è il Vittoria. Nel 1857 Richard Burton e John Speke, dopo aver
condotto sul posto ricerche separate, giunsero a conclusioni diverse: Speke disse
che il Nilo nasceva dal lago Vittoria, mentre Burton era convinto che la
sorgente fosse il lago Tanganica. Aveva ragione Speke. Alla “gara” partecipò
anche il più famoso degli esploratori, David Livingston, che però perse la competizione
spingendosi troppo a sud. Mistero risolto quindi? No, perché se è vero che il
Nilo nasce dal Vittoria, è anche vero che ci dobbiamo chiedere: chi riempie il
Vittoria (piogge a parte)? E se rimaniamo nello stesso bacino, allora forse le
sorgenti del Nilo si spostano più a monte. E infatti più a sud del lago esiste un fiume che sfocia
nel lago Vittoria, il più grande di tutti gli immissari. E’ il fiume Akagera
che scorre in Ruanda. E quelle sono le vere sorgenti del Nilo.
.
I parchi naturali
Come detto, in Uganda non vivono le
mandrie di animali che troviamo in Tanzania o in Kenya, ma c’è una varietà
sorprendente. Nonostante la caccia indiscriminata, l’ambiente favorevole, le
foreste, l’acqua abbondante hanno consentito alla fauna di riprendersi in parte
dopo gli stermini e sopravvivere con buona rappresentanza. Va detto che
cominciarono gli Inglesi, i quali, per riparare ai danni procurati alla fauna o
semplicemente per aggiungere altri esotici trofei di caccia ai loro carnieri,
pensarono addirittura di introdurre la tigre nella Similiki Wildlife Reserve
(un paradiso che si affaccia sul lago Alberto, ma dove gli animali sono rari) prelevandola
da un altro paese del loro impero coloniale (l’India).
I fiore all’occhiello dell’Uganda sono
comunque i primati, che noi trovammo ben rappresentati, a cominciare dai
gorilla di montagna (nel Bwindi Inpenetrable Nat. Park), per arrivare agli
scimpanzè (avvistati nella gole di Chambura e nel Kibale National Park). Tutti
avvistamenti rari e difficili.
Spettacolare il Murchinson Falls Nat.
Park che si affaccia sulla riva nord del lago Alberto inglobando tratti del Nilo
che, al suo interno, entra ed esce dal lago e crea un ambiente particolarmente
favorevole alla vita della fauna selvatica. In queste paludi, in mezzo ad acacie
e papiri, scorgemmo anche un rarissimo esemplare di uccello becco a scarpa, che
vive solo qui e nelle paludi di Mabamba.
Da non perdere una visita alle famose e
omonime cascate (sia in barca da sotto che a piedi da sopra).
Bello il Mburo Nat. Park, che offre una
varietà di uccelli rara, soprattutto di aquile pescatrici e martin pescatori.
Bello il Qeen Elizabeth Nat. Park.
Fummo fortunati anche per l’avvistamento
dei pitoni, che in natura non avevo mai visto. Uno lo trovammo in una grotta nella
foresta di Maramagambo che dava rifugio a migliaia di pipistrelli. Abitava lì
di fianco al suo cibo preferito. L’altro ce lo mostrò il padrone del lodge che
ci ospitava nel Semiliki Nat. Park. Era enorme (il pitone): 5 metri appeso ai
rami di un’acacia. Impressionante!
Da ricordare alla fine anche le paludi di Mabamba, vicino a Entebbe, un vero paradiso terrestre, da navigare lentamente alla scoperta di fiori e uccelli. Anche qui è possibile avvistare l'uccello dal becco a scarpa. Nonostante i pazienti appostamenti questa volta la fortuna non ci arrise.
Da ricordare alla fine anche le paludi di Mabamba, vicino a Entebbe, un vero paradiso terrestre, da navigare lentamente alla scoperta di fiori e uccelli. Anche qui è possibile avvistare l'uccello dal becco a scarpa. Nonostante i pazienti appostamenti questa volta la fortuna non ci arrise.




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