Cura delle tombe al "cimitero allegro" di Sapanta - Romania |
Paese attraversato: Romania
Itinerario: Iasi, Gole di Bikaz, Brasov, Castelli di Peles e di Bran,
Viscri, Sibiu, chiese sassoni fortificate, Sibiu, Sighisoara, Sighetu Marmatiei e Maramures
durante la Pasqua ortodossa, Suceava, monasteri della Bucovina meridionale,
Iasi.
Periodo: marzo – aprile 2018
Durata: 3 settimane
Badanti e rom, questa
è l’immagine che abbiamo, o, spero, avevamo della Romania, mentre alcuni
maledicono ancora la decisione di averla fatta entrare in Europa. Ma cosa c’è
in Romania? Che ci vai a fare (è così triste)? Sono le domande rivoltemi dalle stesse
persone che, al ritorno, mi hanno domandato per prima cosa come si mangia in
Romania (sic!). Più o meno questo è il “contorno” che in cui mi sono trovato
quando ho deciso di andare. Un viaggiatore meno curioso di me forse avrebbe
lasciato perdere.
Invece questo paese ha
tanto da offrire a livello storico, culturale e anche architettonico. Sulla Lonely Planet della Romania del 2010 ho
trovato spesso i rammarichi dell’autore per aver trovato molti siti chiusi per
restauro e molti cantieri di ristrutturazione. Ebbene tutti quei siti io li ho
trovati aperti al pubblico e restaurati. La Romana è entrata in Europa nel 2003
e da allora ha fatto passi enormi, ovviamente con i molti soldi ricevuti dalla
Comunità Europea e dall’UNESCO, che però ha usato e pure bene, a quanto sembra.
Ovvio che la differenza tra città e campagna o tra ricchi e poveri sia ancora
molto più marcata che in Europa occidentale, ma credo che basti aspettare
ancora un po’ di anni per vedere anche qui strade, autostrade e ferrovie degne
di questo nome. Iasi, Brasov, Sighisoara e altre città (non sono stato
Bucarest) mi apparivano esattamente come città (della stessa dimensione) di un
qualunque paese occidentale.
Pasqua nelle chiese del Maramures. Non
ho dubbi: il movente principale per un viaggio in Romania è vivere la Pasqua
nella piccola e isolata regione del nord del paese, Maramures, al confine con
l’Ucraina. Intanto, attenzione al calendario: la Pasqua ortodossa non
coincide sempre con la nostra. E poi, attenzione alla tempistica: gli
eventi pasquali più coinvolgenti escludono la domenica, accadono invece nella
notte tra il sabato e la domenica e il lunedì mattina. Aggiungo qualche notizia
sul contesto.
Le
chiese in Maramures sono caratteristiche e spettacolari, costruite
esclusivamente in legno. Sono chiese storiche, erette tra il ‘600 e l’800, in
buona parte patrimonio dell’UNESCO, ristrutturate da poco e ben tenute. Sono tutte
attive e funzionanti e svolgono i normali uffici di una chiesa. Strette e
lunghe, presentano campanili vertiginosi (i più alti superano i 40 metri). Gli
interni sono interamente dipinti con scene del vecchio e nuovo testamento. Uno
spettacolo per gli occhi.
L'interno della chiesa lignea di Rozavlea - Maramures - Romania |
La visita (gratuita, ma solo i miserabili non
lasciano un’offerta) sarebbe un test interessante per l’Italia dove non si
riescono a visitare tanti siti che non siano quelli più importanti. Se non ci
sono funzioni in corso e visto lo scarso afflusso turistico, di solito le
chiese in Maramures sono chiuse, ma mostrano sulla porta un numero di telefono.
Chiamato il numero, nel giro di 5 o 10 minuti arriva un addetto che apre la
chiesa. Sempre! Ne abbiamo visitate a decine, in Maramures e altrove, e mai che
il meccanismo non abbia funzionato. Funzionerebbe in Italia?
Le
chiese sono sempre al centro del cimitero del paese e, siccome la Pasqua è la
festa religiosa più importate dell’anno, la gente si affanna in quei giorni a
sistemare le tombe e a ricoprirle di fiori. E’ un compito di cui si incaricano
le donne, soprattutto anziane, in Maramures come in tutto il mondo, e quindi,
visitando una chiesa, è normale incontrarne qualcuna impegnata a sistemare una
lapide. Vestite di nero, svelte e silenziose versano acqua nei vasi, strappano
erbacce e sistemano fiori, osservano il risultato del loro lavoro, si fanno il
segno della croce e se ne vanno come sono venute, svelte e silenziose.
Tornando
alla Pasqua, dicevo del sabato.
Il rito, che inizia a mezzanotte, risultava
incomprensibile per me non conosco la religione ortodossa, ma non sono rimasto
indifferente al pathos che emanava la
processione guidata dai sacerdoti e seguita da centinaia (se non migliaia) di
fedeli che cantavano e reggevano ciascuno una candela. Nel buio della notte
quelle fiammelle tremolanti sembravano anime in cerca di pace. Ognuno aveva
accesa la sua da quella di un vicino: formavano una macchia di luce che, apparsa
sulla porta della chiesa, si era allargata, come per contagio, a tutta la piana
attorno al monastero di Barsana, dove ci trovavamo. Il più importante di
Maramures, anche se forse non il più suggestivo a causa della moltitudine dei
fedeli. Portavano tutti una cesta colma di cibo che sarebbe stato benedetto e
consumato alle prime luci dell’alba. Molti, soprattutto le donne, indossavano i
vestiti tradizionali del paese. Tutto questo capita in tutte le chiese della regione,
anche in centro del capoluogo, Sighetu Marmatiei, anche in quella poco
interessante di fronte al nostro albergo. Alle due del mattino, al rientro da Barsana,
trovammo difficoltà a parcheggiare, perché la strada era stata chiusa per
lasciare posto alle centinaia di fedeli che aspettavano di poter entrare a benedire
le loro ceste. La gente in attesa formava lunghe fila che occupavano entrambi i
marciapiedi in entrambe le direzioni.
La
messa speciale che si tiene il lunedì di Pasqua è invece più comprensibile
anche ai meno esperti, in fondo assomiglia a quella cattolica. Cambia solo il
fatto che tutti, dico tutti, uomini, donne, giovani, vecchi, bambini di ogni
età indossano gli impeccabili costumi tradizionali colorati che, dato il loro
splendore, vengono probabilmente indossati solo in rare occasioni.
Questo
è quello che capita soprattutto a Sat-Sugatag, il paese dove abbiamo
trascorso il lunedì di Pasqua, il paese dove credo che la tradizione sia più
sentita e praticata che altrove.
In
sintesi, Maramures con le festività di Pasqua, le chiese di legno dipinte, i
cimiteri ben tenuti, quello “allegro” di Sapanta (vedi dopo), le colline, i
contadini che usano ancora i carri trainati dai cavalli, pochissimi turisti, l’angosciante
museo sulle vittime del comunismo di Sighetu Marmatiei (vedi dopo)… credo che
alla fine sia questo il clou di un
viaggio in Romania.
ll cimitero allegro. C’è un piccolo paese nascosto tra le
colline del Maramures, si chiama Sapanta. Non fosse per il suo ‘cimitero
allegro’ chiunque lo eviterebbe. Stan Ioan Patras nacque qui da una famiglia di
scultori di legno e fin da giovane cominciò a scolpire lapidi e croci per le
tombe del locale cimitero. Andò avanti per tutta la vita e prima di morire
scolpì anche la sua. Alla fine di tutta una vita aveva scolpito più di
settecento lapidi di legno, in prevalenza colorate di blu e lasciò anche un
discepolo a continuare la sua opera fino a nostri giorni.
Ogni croce
del cimitero è diversa dalle altre, pur mantenendo simili le dimensioni e la
forma. Da ognuna, attraverso una pittura semplice, naif, emerge un’umanità
commovente, quasi serena, mai angosciosa. Tutte riportano il ritratto ligneo del
morto e, di tutti, un epitaffio, una poesia descrive il merito principale, la
dote più apprezzata di quand’era in vita, con parole pronunciate in prima
persona come una personale confessione. Cosa mi fece amare le lapidi di Ioan?
Non la qualità artistica limitata, ma le epigrafi semplici e toccanti, a volte
scherzose, che mai si abbandonano all’enfasi, agli epiteti retorici o agli
elogi esagerati che troviamo di solito sulle tombe.
IL "cimitero allegro" di Sapanta - Romania |
Cronache di
esistenze normali raccontano i defunti com’erano da vivi, con i loro difetti e
le loro virtù e, soprattutto, riflettono il senso della morte che prova la
gente di Sapanta. La morte è brutta, ma nel “cimitero allegro” sembra meno
brutta e che non faccia paura. Forse le croci non sono altro che porte aperte
su un altro mondo, segnano solo un tratto del destino, un modo di vincere la
paura della morte e ricordare i morti con un sorriso. Ero in un cimitero, ma le
disgrazie, la vecchiaia, le vicende o i vizi che portarono a morte Toader,
Ileana, George, Ion, Teodosie, Stan e gli altri incoraggiavano a guardare la
morte in modo diverso, forse un passaggio a un altrove più grande. E di sicuro
nel “cimitero allegro” la protagonista non è la morte, anche se il luogo è un
luogo di morti, ma, oso dire, il fermento della vita.
Le
citta medioevali della Transilavania.
Brasov, Sibiu, Sighisoara. Possiamo trattarle in blocco. Origini medievali,
centri storici perfettamente mantenuti e ristrutturati, buona parte delle mura
e dei casseri ancora in piedi (soprattutto a Sighisoara). L’arretratezza
economica e il sottosviluppo in cui si dibatteva la periferia dell’impero
sovietico, quale era la Romania, le ha salvate dagli obbrobri architettonici
degli anni 50-80 che punteggiano le città ex-sovietiche e non solo.
Ormai direi che, per fortuna, è troppo tardi per gli scempi e quindi questi gioielli di città possono presentare al mondo la loro invidiabile bellezza praticamente intatta. Un privilegio di poche in Europa.
Dracula
non abita più qui, anzi questa non è mai stata casa sua. I Romeni ci scherzano su, cercano
di vendere la favola che il castello di Bran sia quello del conte Dracula.
Cercano anche di avvalorare l’idea che il principe sanguinario Vlad Tepes,
figura leggendaria ma storica, sia il conte Dracula, per via della crudeltà
mostrata in più occasioni, tra vittorie e sconfitte, nella guerra infinita
combattuta contro i turchi dal ‘400 in poi. Era anche soprannominato l’impalatore,
titolo che denuncia senza possibilità di equivoci i suoi modi di trattare i
prigionieri.
Che Vlad Tepes sia una figura storica è un fatto, che fosse un
principe crudele e sanguinario è un fatto, che la Transilvania mostri luoghi e
scenari che ricordano quelli descritti nel famoso romanzo di Bram Stoker può
essere, ma non esiste alcuna relazione certa tra la storia di Stoker e il
famoso Vlad. Tutto è solo marketing. Ci sarebbe un “vero” castello di Dracula a Poienari, ma si tratta ormai solo di rovine.
Monasteri
dipinti della Bucovina.
La Romania vanta davvero una storia politica e religiosa che ha prodotto una
varietà di manifestazioni straordinaria. Poco più a est di Maramures troviamo
la Bucovina meridionale e qui le chiese di legno scompaiono per lasciare posto
a una serie di monasteri straordinari, molti patrimonio UNESCO, anche questi
fortificati, che hanno la caratteristica fiori dal comune di essere dipinti non
solo all’interno, ma anche all’esterno.
Chiesa dipinta di Humor - Bucovina meridionale - Romania |
Centinaia di metri quadrati di pitture
mostrano scene del vecchio e nuovo testamento, delle vite dei santi, del
Vangelo utili per raccontare la religione a chi non sapeva leggere e scrivere.
Sorprendono per la loro bellezza, i colori ancora ancora vivaci pure nelle
pareti nord esposte alle intemperie. E’ difficile scegliere, ma, dovendo, dico
che i più belli, gli imperdibili sono: Humor, Voronet, Moldavita, Sucevita, ma
non trascurerei Dragomirna, Patrauti, Arbore… e altri ancora.
Chiese
sassoni fortificate.
Un'altra sorpresa della Romania, da non perdere. Una piccola enclave sassone
nel cuore del paese, dove si sente ancora parlare tedesco. Qui troviamo
villaggi medioevali con al centro chiese fortificate, cioè cinte da mura, che i
sassoni costruirono dopo il loro arrivo nel paese nel XII secolo. Una
meraviglia per il loro valore architettonico e per l’ambiente campestre nel
quale sono inserite. Una giornata in giro tra un paese e l’altro (sono decine) per
visitare queste chiese è veramente da consigliare.
Axente Sever, Valea Vilor,
Bagaciu, Biertan (la più imponente), Malincrav (forse l’unica in possesso
di splendidi affreschi all’interno), Viscri (messa in tedesco a mezzogiorno
della domenica, fedeli in costume sassone, sembra di essere nella Sassonia
contadina di un tempo, appunto)… sono le più belle, ma è difficile scegliere.
La chiesa sassone fortificata di Biertran - Romania |
Museo della vittime del comunismo e della resistenza. Sono sempre più numerosi i luoghi o i musei, che riportano testimonianze storiche sui crimini del comunismo, che incontro in giro per il mondo e ogni volta devo prendere atto con sofferenza di come lo stravolgimento di una ideologia, nonostante tutto affascinante e che non ha lasciato indifferenti milioni di persone, possa trasformarsi, se gestita da criminali, nelle espressioni umane più abiette e bestiali che si possano immaginare. Anche la Romania, a Sighetu Marmatiei, ha la sua galleria degli orrori da mostrare: un ex tribunale poi divenuto un immenso carcere e oggi trasformato nel Museo dedicato alla vittime del comunismo e alla resistenza. Dalla fine della guerra fino alla sua chiusura (1974) vi furono richiusi, torturati e uccisi migliaia di oppositori o presunti tali del “nuovo” regime scaturito dalla seconda guerra mondiale. Una visita lunga e angosciante, ma importante per la memoria e molto istruttiva su come gli aguzzini misero in atto metodi e strumenti per procurare sofferenza e paura. O per impedire ai prigionieri di porre fine alla proprie sofferenze suicidandosi. Un museo fotocopia del Museo dell’Occupazione della Lettonia di Riga (Lettonia) o del Tuol Sleng Genocide Museum di Phnom Penh (Cambogia).
“Probabilmente le vista più straziante (oltre alla celle e alla camere
di tortura) sono le sculture nel cortile, dedicate ai prigionieri morti nelle
prigioni: figure che si riparano, implorano, si coprono la bocca inorridite,
tutte nude con lo sguardo rivolto al cielo in un’agghiacciante
rappresentazione simbolica della loro agonia” (fonte: Lonely Planet).
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