venerdì 19 giugno 2020

Viaggio in EGITTO (viaggio ATM)

Giovani artigiani al Cairo - Egitto
Paese attraversato: Egitto
Itinerario: Il Cairo, Giza, Al Fayum, Beni  Hassan, El Fayun, El Minya, Asyut, Luxor, Asswan, Abu Simbel, Qena, Ourgada, costa del Mar Rosso, Suez, Il Cairo
Periodo: settembre 1981
Durata: tre settimane

Mi rendo conto che anche nel caso del viaggio in Egitto corro il rischio di finire nello stereotipo “una volta era molto meglio”. Rischio che vale per molti altri paesi che ho visitato: Algeria, Yemen, Libia, Siria, Mali… Ma non voglio cascarci, anche se penso a come si visita da un po’ di anni l’Egitto e lo confronto a come lo visitai io nel 1981, mi assale un grande sconforto.
Perché con due macchine affittate al Cairo, costeggiammo il Nilo verso sud fino ad Assuan, da qui un volo ci portò ad Abu Simbel, poi di nuovo in macchina attraversammo il deserto dal Nilo fino a Hourgada sul mar Rosso. Quindi seguendo la costa risalimmo fino a Suez e da qui rientrammo al Cairo. Si potrebbe immaginare oggi un viaggio “privato” del genere?


Fu un tipico (per me) viaggio ATM quando ancora non era diffuso “il mondo di mezzo” (guide, agenzie di viaggio, servizi al turismo…) che aiuta a viaggiare, ma si interpone tra chi viaggia e la realtà del paese. Un filtro senz’altro utile, ma fastidioso.
Non è mio costume parlare di viaggi descrivendo i percorsi o i monumenti visitati, per non ribadire informazioni troppo note e diffuse. A maggior ragione se parliamo di Egitto. Cosa potrei aggiungere a quanto già detto o scritto da migliaia di persone più degne di me? Esiste addirittura una branca scientifica specifica (l’egittologia) che si occupa del paese e della sua storia… Quindi parlerò di dettagli personal.

Un inizio fuori dal normale. L’incipit del viaggio meriterebbe un racconto ad hoc ben più importante di queste poche righe. Eravamo appena usciti dall’aeroporto quando incappammo in un caso assurdo. Il taxista (non credo che in realtà fosse un vero taxista) dopo pochi chilometri si fermò. Aveva finito le benzina. Nessun problema: scese dalla macchina, recuperò una tanica dal baule, fermò un automobilista, si fece dare un passaggio e andò in cerca della benzina. Ci disse di aspettare di fianco alla macchina.
Dopo un po’ si presentarono alcuni soldati che ci dissero di allontanarci da quella posizione. Perché? Perché eravamo davanti ad una caserma, quindi in zona militare. Dovevamo spostare la macchina e andarcene. Cercammo di spiegare l’accaduto, che non avevamo benzina e che mancava anche l’autista. Non ci fu niente da fare, maneggiavano anche i fucili con preoccupante ostentazione. Non che ci minacciassero davvero, ma ritenemmo che non fosse il caso di insistere.
Risultato: uno alla guida e gli altri a spingere spostammo la macchina lontano dalla caserma.
Quando il nostro autista tornò con la benzina, non ricordo se si accorse dello spostamento.

Lungo il Nilo. A parte le ovvie meraviglie archeologiche il viaggio ci propose un paese poverissimo, e anche sporco, che il turismo di massa non aveva ancora riscattato, nemmeno un po’, ma che in cambio mostrava una genuinità perduta negli anni successivi. Chi visitava allora il paese seguiva per lo più il grande fiume in battello e sbarcava nei luoghi più importanti dove le tracce degli antichi faraoni erano più evidenti. E quindi Giza, Karnak, Luxor, Assuan… E non a caso qui si trovavano i servizi migliori per gli stranieri. Tra l’uno e l’altro di questi luoghi, i turisti non viaggiavano in auto, come noi, e quindi le sistemazioni destinate ai viaggiatori, erano veramente precarie. In compenso l’incontro con la gente, che non aveva ancora alterato i propri modi di vita in funzione del turismo, ripagava in pieno dei disagi che incontravamo lontano dai luoghi famosi. Davanti ai nostri occhi scorrevano ogni giorno scene di grande povertà e fatica contadina che ai nostri occhi di opulenti occidentali si presentava come una specie di Arcadia campestre.


La vita lungo il Nilo - Egitto

Le attese per una feluca che ci portasse sull’altra sponda del Nilo, la ricerca di un ristorante o di un posto dove dormire erano un’occasione di incontri variopinti. Gli scenari della valle, dei campi verdissimi perfettamente coltivati, delle palme, i bananeti erano meraviglia e stupore per me che viaggiavo in Africa da pochi anni. Osservare lo scorrere della vita sul fiume e sui suoi canali era un po’ come guardare un film un datato nel tempo.

Un matrimonio sudato. Accade a volte, durante un viaggio, di essere invitati ad una cerimonia di qualche natura: un matrimonio, una festa, perfino un funerale. Da anni evito possibilmente queste occasioni e questi inviti che mi imbarazzano, ma quella volta la novità era troppo allettante per rifiutare. E andammo, su invito, ad una festa di matrimonio, a El Fayoum, un paese già allora priva di interessi archeologici e fuori dar circuiti turistici.
Era un caldo terribile, oltre che umido, nonostante fosse sera (eravamo in agosto) e ricordo una marea di invitati (le famiglie degli sposi dovevano essere benestanti) vestiti di tutto punto e inzuppati di sudore che ballavano e ridevano. C’era una quantità di cibo che impressionava.
Tra cibo e bevande mi offrirono di tutto, ma il pregiudizio igienico, soprattutto per le bevande, mi fecero rifiutare offerta. Fu una vera tortura: vedevo brocche di acqua, te, karkadè e altre invitanti bevande alla frutta più strana, udivo il tintinnio del ghiaccio nelle brocche, ma resistetti.
So che le bevande e il ghiaccio nei luoghi dove l’igiene non è una priorità vanno accuratamente evitati, ma avevo una sete terribile, sudavo come mai nella vita...
Tuttavia c’era chi stava peggio di me: gli sposi. Erano seduti su una specie di trono rialzato, al centro dell’attenzione di tutti. In realtà nessuno si occupava di loro, tutti erano impegnati a divertirsi. Il trono presentava una grande corona che circondava gli sposi, come un’enorme aureola. Trono e aureola erano rivestiti di fiori inframmezzati da decine di lampadine colorate, tutte accese. Gli sposi, immobili, tenendosi per mano, circondati da decine di lampadine (piccoli termosifoni), sorridevano e sudavano come bestie. Tra sudori e contatti elettrici approssimativi, temevo seriamente di vederli prima o poi fulminati da un corto circuito.
P.S. Nei giorni successivi, ancora più caldi, i miei pregiudizi igienici scemarono di molto.

"Ad ogni nuova alba 
io vedo levarsi il dio Sole 
sull'altra riva del Nilo.
La sfinge, pianoro di Giza, Egitto

Io suo primo raggio 
è per il mio volto
rivolto verso di lui.
Da cinquemila anni 
ho visto levarsi tutti i soli dei quali gli uomini
abbiano conservato memoria.
Io ho visto la prima luce della storia d'Egitto
e io vedrò domani ancora incendiarsi l'oriente per un nuovo giorno.
Io veglio dalla riva del Nilo 
sul grandioso pianoro di Giza, 
sul quale tutti i monumenti,
dal più modesto al più superbo,
sono delle tombe".


L’antico Egitto. Ricordo ancora che le piramidi, i templi da Karnak, di Luxor, di Kom Ombo e tutti gli altri, mi destavano soprattutto stupore, prima ancora che emozione, per le loro bellezza e le loro dimensioni. Di fronte ad ognuno di essi non potevo fare a meno di calcolare gli anni trascorsi dalla loro costruzione e ogni volta per il conteggio dovevo usare il millennio come unità di calcolo! Era incredibile! Tremila anni, duemila anni… ed erano ancora lì! E l’incredulità aumentava quando confrontavo quelle meraviglie e il livello di civiltà che aveva permesso la loro costruzione con le condizioni precarie della vita che nel presente conducevano gli egiziani.
Il mondo e la storia cambiano in pochi anni, figuriamoci cosa può cambiare in due o tre millenni, tuttavia faceva impressione vedere un bambino di dieci anni, vestito di stracci, che accudiva il suo gregge di capre ai piedi dei colossi di Memnone a Tebe. E pensavo: tremilacinquecento anni per passare dalla civiltà che era stato in grado di costruire le enormi statue di Amenhotep III alla vergognosa qualità della vita del piccolo pastore. Tremilacinquecento anni e le  condizioni della sua vita forse non erano molto diverse da quelle dei tempi del faraone.

Noria in funzione, Egitto
Le norie. Le norie furono una delle grandi sorprese del viaggio. Non ricordo se ne avessi già viste prima, ma vederle in funzione, operative e fondamentali per l’irrigazione dei campi o l’abbeverata degli animali, mi fece capire la loro portata nello sviluppo dell’umanità. Anni dopo ne ho viste altre in opera solo in Siria, ad Hama, sul fiume Oronte e ancora più spettacolari: venti metri di diametro.
Una macchina automatica per compiere un enorme lavoro di sollevamento dell’acqua a costo zero, sfruttando la forza della stessa corrente che viene sollevata. Un esempio del genio umano che non fatico a collocare al livello dell’invenzione della ruota.
E pensiamo che fu un’invenzione, come minimo geniale, del I secolo a.C.

Il salvataggio dei templi nubiani (non solo Abu Simbel). Nel 1960 l’UNESCO rivolse un appello a tutti i Paesi del mondo perché partecipassero a un’operazione di emergenza: il salvataggio del patrimonio archeologico dell’Egitto e del Sudan, che stava per essere sommerso a causa della costruzione della nuova diga di Assuan. Lo sforzo coordinato riuscì a salvare alcuni templi emblematici, come quelli di Abu Simbel. Per chi volesse approfondire le modalità e tecniche che furono messe in campo per completare la mastodontica operazione, consiglio questo recente articolo del National Geographic: https://www.storicang.it/a/lopera-di-salvataggio-dei-templi-nubiani_14636/1

Tempio di Ramsete II, Abu Simbel, Egitto

Mi era impossibile osservare i templi di Ramsete II e della moglie Nefertari senza pensare al mastodontico sforzo per salvarli dalla acque del lago Nasser che li avrebbero sommersi. L’imponenza dei lavori era particolarmente evidente se si entrava nel “retro” delle colossali statue, dove si potevano osservare le impalcature e le strutture di supporto e di sostegno delle facciate. Un lavoro impressionante.
I templi di Abu Simbel sono i più famosi tra quelli salvati dalle acque del lago Nasser creato dalla diga di Assuan, ma ce ne sono altri, meno imponenti, ma altrettanto importanti, come ad esempio quello di Philae nello stesso Egitto o altri in Sudan.

Lungo il Mar Rosso. Sono stato molti anni dopo sul Mar Rosso e l’ho travato sempre molto bello, ma parecchio deturpato da una marea di resort, parecchi dei quali non finiti per via della crisi economica degli anni ’10. Al tempo del viaggio invece era completamente selvaggio fino a Suez, anche se poco accessibile. Ricordo un albergo solo di livello internazionale a Hourgada (mi pare l’Hilton) lungo tutta la costa. Non c'erano resort, ma era comunque tutta zona militare. La guerra dei sei giorni e la successiva occupazione del Sinai da parte di Israele non era trascorsa da molti anni. Quasi impossibile accedere al mare per via delle innumerevoli zone minate, come ci avvertivano minacciosi cartelli. Un’indimenticabile escursione di una giornata sulla barriera corallina di Hourgada e poi un lungo trasferimento fino al Cairo.

Nessun commento:

Posta un commento