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Giovani artigiani al Cairo - Egitto |
Itinerario: Il
Cairo, Giza, Al Fayum, Beni Hassan, El Fayun, El Minya, Asyut, Luxor, Asswan, Abu Simbel,
Qena, Ourgada, costa del Mar Rosso, Suez, Il Cairo
Periodo: settembre 1981
Durata: tre settimane
Mi rendo conto che anche nel caso del viaggio in Egitto corro il rischio
di finire nello stereotipo “una volta era molto meglio”. Rischio che vale per
molti altri paesi che ho visitato: Algeria, Yemen, Libia, Siria, Mali… Ma non
voglio cascarci, anche se penso a come si visita da un po’ di anni l’Egitto e
lo confronto a come lo visitai io nel 1981, mi assale un grande sconforto.
Fu un tipico (per me) viaggio ATM quando ancora non era diffuso
“il mondo di mezzo” (guide, agenzie di viaggio, servizi al turismo…) che aiuta
a viaggiare, ma si interpone tra chi viaggia e la realtà del paese. Un filtro
senz’altro utile, ma fastidioso.
Non è mio costume parlare di viaggi descrivendo i percorsi o i monumenti
visitati, per non ribadire informazioni troppo note e diffuse. A maggior
ragione se parliamo di Egitto. Cosa potrei aggiungere a quanto già detto o
scritto da migliaia di persone più degne di me? Esiste addirittura una branca
scientifica specifica (l’egittologia) che si occupa del paese e della sua
storia… Quindi parlerò di dettagli personal.
Un
inizio fuori dal normale. L’incipit
del viaggio meriterebbe un racconto ad hoc
ben più importante di queste poche righe. Eravamo appena usciti dall’aeroporto quando incappammo in un caso
assurdo. Il taxista (non credo che in realtà fosse un vero taxista) dopo pochi
chilometri si fermò. Aveva finito le benzina. Nessun problema: scese dalla
macchina, recuperò una tanica dal baule, fermò un automobilista, si fece dare
un passaggio e andò in cerca della benzina. Ci disse di aspettare di fianco
alla macchina.
Dopo un po’ si presentarono alcuni soldati che ci dissero di
allontanarci da quella posizione. Perché? Perché eravamo davanti ad una
caserma, quindi in zona militare. Dovevamo spostare la macchina e andarcene.
Cercammo di spiegare l’accaduto, che non avevamo benzina e che mancava anche
l’autista. Non ci fu niente da fare, maneggiavano anche i fucili con preoccupante
ostentazione. Non che ci minacciassero davvero, ma ritenemmo che non fosse il
caso di insistere.
Risultato: uno alla guida e gli altri a spingere spostammo la macchina
lontano dalla caserma.
Quando il nostro autista tornò con la benzina, non ricordo se si accorse
dello spostamento.
Lungo
il Nilo. A parte le ovvie meraviglie archeologiche il viaggio ci propose un
paese poverissimo, e anche sporco, che il turismo di massa non aveva ancora
riscattato, nemmeno un po’, ma che in cambio mostrava una genuinità perduta negli
anni successivi. Chi visitava allora il paese seguiva per lo più il grande
fiume in battello e sbarcava nei luoghi più importanti dove le tracce degli
antichi faraoni erano più evidenti. E quindi Giza, Karnak, Luxor, Assuan… E non
a caso qui si trovavano i servizi migliori per gli stranieri. Tra l’uno e l’altro
di questi luoghi, i turisti non viaggiavano in auto, come noi, e quindi le sistemazioni
destinate ai viaggiatori, erano veramente precarie. In compenso l’incontro con
la gente, che non aveva ancora alterato i propri modi di vita in funzione del
turismo, ripagava in pieno dei disagi che incontravamo lontano dai luoghi
famosi. Davanti ai nostri occhi scorrevano ogni giorno scene di grande povertà
e fatica contadina che ai nostri occhi di opulenti occidentali si presentava
come una specie di Arcadia campestre.
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La vita lungo il Nilo - Egitto |
Le attese per una feluca che ci portasse sull’altra sponda del Nilo, la
ricerca di un ristorante o di un posto dove dormire erano un’occasione di
incontri variopinti. Gli scenari della valle, dei campi verdissimi
perfettamente coltivati, delle palme, i bananeti erano meraviglia e stupore per
me che viaggiavo in Africa da pochi anni. Osservare lo scorrere della vita sul
fiume e sui suoi canali era un po’ come guardare un film un datato nel tempo.
Un matrimonio sudato. Accade a volte, durante un viaggio, di essere invitati ad una
cerimonia di qualche natura: un matrimonio, una festa, perfino un funerale. Da
anni evito possibilmente queste occasioni e questi inviti che mi imbarazzano,
ma quella volta la novità era troppo allettante per rifiutare. E andammo, su
invito, ad una festa di matrimonio, a El Fayoum, un paese già allora priva di
interessi archeologici e fuori dar circuiti turistici.
Era un caldo terribile, oltre che umido, nonostante fosse sera (eravamo in
agosto) e ricordo una marea di invitati (le famiglie degli sposi dovevano
essere benestanti) vestiti di tutto punto e inzuppati di sudore che ballavano e
ridevano. C’era una quantità di cibo che impressionava.
Tra cibo e bevande mi offrirono di tutto, ma il pregiudizio igienico,
soprattutto per le bevande, mi fecero rifiutare offerta. Fu una vera tortura:
vedevo brocche di acqua, te, karkadè e altre invitanti bevande alla frutta più
strana, udivo il tintinnio del ghiaccio nelle brocche, ma resistetti.
So che le bevande e il ghiaccio nei luoghi dove l’igiene non è una priorità
vanno accuratamente evitati, ma avevo una sete terribile, sudavo come mai nella
vita...
Tuttavia c’era chi stava peggio di me: gli sposi. Erano seduti su una
specie di trono rialzato, al centro dell’attenzione di tutti. In realtà nessuno
si occupava di loro, tutti erano impegnati a divertirsi. Il trono presentava
una grande corona che circondava gli sposi, come un’enorme aureola. Trono e
aureola erano rivestiti di fiori inframmezzati da decine di lampadine colorate,
tutte accese. Gli sposi, immobili, tenendosi per mano, circondati da decine di
lampadine (piccoli termosifoni), sorridevano e sudavano come bestie. Tra sudori
e contatti elettrici approssimativi, temevo seriamente di vederli prima o poi
fulminati da un corto circuito.
P.S. Nei giorni successivi, ancora più caldi, i miei pregiudizi igienici
scemarono di molto.
"Ad ogni nuova alba
io vedo levarsi il dio Sole
sull'altra riva del Nilo.
Io suo primo raggio
è per il mio volto
rivolto verso di lui.
Da cinquemila anni
ho visto levarsi tutti i soli dei quali gli uomini
abbiano conservato memoria.
Io ho visto la prima luce della storia d'Egitto
e io vedrò domani ancora incendiarsi l'oriente per un nuovo giorno.
Io veglio dalla riva del Nilo
sul grandioso pianoro di Giza,
sul quale tutti i monumenti,
dal più modesto al più superbo,
sono delle tombe".
"Ad ogni nuova alba
io vedo levarsi il dio Sole
sull'altra riva del Nilo.
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La sfinge, pianoro di Giza, Egitto |
Io suo primo raggio
è per il mio volto
rivolto verso di lui.
Da cinquemila anni
ho visto levarsi tutti i soli dei quali gli uomini
abbiano conservato memoria.
Io ho visto la prima luce della storia d'Egitto
e io vedrò domani ancora incendiarsi l'oriente per un nuovo giorno.
Io veglio dalla riva del Nilo
sul grandioso pianoro di Giza,
sul quale tutti i monumenti,
dal più modesto al più superbo,
sono delle tombe".
L’antico
Egitto. Ricordo ancora che le piramidi, i templi da Karnak, di Luxor, di Kom
Ombo e tutti gli altri, mi destavano soprattutto stupore, prima ancora che emozione,
per le loro bellezza e le loro dimensioni. Di fronte ad ognuno di essi non
potevo fare a meno di calcolare gli anni trascorsi dalla loro costruzione e
ogni volta per il conteggio dovevo usare il millennio come unità di calcolo! Era
incredibile! Tremila anni, duemila anni… ed erano ancora lì! E l’incredulità
aumentava quando confrontavo quelle meraviglie e il livello di civiltà che
aveva permesso la loro costruzione con le condizioni precarie della vita che
nel presente conducevano gli egiziani.
Il mondo e la storia cambiano in pochi anni, figuriamoci cosa può
cambiare in due o tre millenni, tuttavia faceva impressione vedere un bambino
di dieci anni, vestito di stracci, che accudiva il suo gregge di capre ai piedi
dei colossi di Memnone a Tebe. E pensavo: tremilacinquecento anni per passare dalla
civiltà che era stato in grado di costruire le enormi statue di Amenhotep III alla
vergognosa qualità della vita del piccolo pastore. Tremilacinquecento anni e le
condizioni della sua vita forse non erano
molto diverse da quelle dei tempi del faraone.
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Noria in funzione, Egitto |
Una macchina automatica per compiere un enorme lavoro di sollevamento dell’acqua a costo zero, sfruttando la forza della stessa corrente che viene sollevata. Un esempio del genio umano che non fatico a collocare al livello dell’invenzione della ruota.
E pensiamo che fu un’invenzione, come minimo geniale, del I secolo a.C.
Il
salvataggio dei templi nubiani (non solo Abu Simbel). Nel
1960 l’UNESCO rivolse un appello a tutti i Paesi del mondo perché
partecipassero a un’operazione di emergenza: il salvataggio del patrimonio
archeologico dell’Egitto e del Sudan, che stava per essere sommerso a causa
della costruzione della nuova diga di Assuan. Lo sforzo coordinato riuscì a
salvare alcuni templi emblematici, come quelli di Abu Simbel. Per chi volesse
approfondire le modalità e tecniche che furono messe in campo per completare la
mastodontica operazione, consiglio questo recente articolo del National
Geographic: https://www.storicang.it/a/lopera-di-salvataggio-dei-templi-nubiani_14636/1
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Tempio di Ramsete II, Abu Simbel, Egitto |
Mi era impossibile osservare i templi di Ramsete
II e della moglie Nefertari senza pensare al mastodontico sforzo per salvarli
dalla acque del lago Nasser che li avrebbero sommersi. L’imponenza dei lavori
era particolarmente evidente se si entrava nel “retro” delle colossali statue,
dove si potevano osservare le impalcature e le strutture di supporto e di
sostegno delle facciate. Un lavoro impressionante.
I templi di Abu Simbel sono i più famosi tra
quelli salvati dalle acque del lago Nasser creato dalla diga di Assuan, ma ce
ne sono altri, meno imponenti, ma altrettanto importanti, come ad esempio
quello di Philae nello stesso Egitto o altri in Sudan.
Lungo
il Mar Rosso. Sono stato molti anni dopo sul Mar Rosso e l’ho
travato sempre molto bello, ma parecchio deturpato da una marea di resort, parecchi dei quali non finiti
per via della crisi economica degli anni ’10. Al tempo del viaggio invece era
completamente selvaggio fino a Suez, anche se poco accessibile. Ricordo un
albergo solo di livello internazionale a Hourgada (mi pare l’Hilton) lungo
tutta la costa. Non c'erano resort,
ma era comunque tutta zona militare. La guerra dei sei giorni e la successiva
occupazione del Sinai da parte di Israele non era trascorsa da molti anni. Quasi
impossibile accedere al mare per via delle innumerevoli zone minate, come ci
avvertivano minacciosi cartelli. Un’indimenticabile escursione di una giornata
sulla barriera corallina di Hourgada e poi un lungo trasferimento fino al
Cairo.
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