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Il monumento a Vincent Van Gogh a Auvers-sur-l'Oise |
Chi visita i cimiteri storici di Parigi (Père Lachaise,
Monmartre, Monparnasse) non si sorprende della monumentalità di molte tombe. Qui
sono sepolti infatti personaggi famosi che meritarono un simile omaggio,
magari creato da qualche artista altrettanto famoso, e diventato nel tempo esso
stesso oggetto di ammirazione, a volte esagerata, da parte dei visitatori. E’
ciò che è capitato alla tomba di Oscar Wilde a Pére Lachaise, ad esempio, che
fu riparata alcuni anni fa da una barriera di vetro per difenderla da un
pubblico riverente, ma poco rispettoso.Quello che è successo alla tomba di Oscar, tuttavia,
non succederà a queste due semplici sepolture, qui nel piccolo cimitero di
Auvers-sur-l’Oise, poco a nord di Parigi. Niente cippi, o statue, o angeli marmorei
e piangenti, o croci, o altri simboli di lutto e dolore, sarebbero inutili:
sono circondato da tombe, sono in un cimitero, serve altro per ricordarmelo?
Sono arrivato in mattinata, insieme ad altri che come
me desiderano conoscere il paese dove Vincent fu convinto a trasferirsi, poiché
era il paese dove viveva e lavorava il dottor Gachet, il suo medico. E perché
fu anche il paese dove Vincent decise di porre fine alla sua difficile esistenza.
A spingermi a questa breve trasferta a nord della capitale
francese è stata una straordinaria mostra che visitai l’anno prima sugli ultimi 70
giorni di vita dell’artista, quelli che appunto trascorse a Auvers-sur-l’Oise. Vi erano
raccolte una settantina di opere tra dipinti e disegni, presenti molte
delle sue più straordinarie e famose. E più del loro valore mi sconvolse il
numero: circa settanta! E pensavo: pur nella disperazione che senza vergogna
Vincent rovesciava nelle tele, come si possono dipingere tanti capolavori (più
o meno uno al giorno) in attesa di spararsi un colpo al cuore? Perfino il 29
luglio, il pomeriggio in cui si puntò la pistola al petto, trovò la forza, prima
di pranzo, di dipingere Radici e tronchi d’albero, il quadro che chiudeva
quella mostra. Quale disperata determinazione lo spinse a stendere ancora una
volta colore sulla tela, dopo una vita colma di delusioni e umiliazioni,
dedicata a una pittura incompresa se non disprezzata da tutti, esclusi, si spera,
il fratello e il dottor Gachet? Circa novecento quadri dipinti, si dice uno
solo venduto da vivo. Come può essere? Domande che difficilmente trovano
risposte.
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Ritratto del dott. Gachet, museo d'Orsay, Parigi, Francia |
E così, eccomi qui di fronte alla tomba di Vincent Van
Gogh e di suo fratello Theodore, detto Theo, sepolto accanto a lui. Due lapidi
di pietra grezza e grigia, come questa giornata piovosa, due parole (ici
repose), due nomi e due date. Nient’altro, per il più grande pittore
dell’800. Se confronto queste umili sepolture con i monumenti di Père Lachaise,
mi assale l’angoscia, ma poi… saranno le sue opere a ricordare a tutti chi era
Vincent, non la sua tomba. E più a lungo della durata del marmo di un monumento
Vincent e Theo, saldamente uniti nella vita, lo sono
anche nella morte e lo testimonia l’edera che la pioggia rende splendente e copre
entrambe le tombe e le unisce, ne fa una sola, sommergendo anche il piccolo
spazio che le separa. Lo considero un piccolo omaggio degli addetti alla
manutenzione del cimitero che non liberano dall’edera quel piccolo spazio, come
forse vorrebbe il regolamento.
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Le tombe di Vincent e di Theo van Gogh, nel cimitero di Auvers-sur-l'Oise, Francia |
Se alzo gli occhi, vedo al di là del cancello i campi di
grano, i famosi campi di grano. Siamo in maggio, il grano è verde, non può
essere giallo, i corvi non ci sono, ma sono i suoi campi di grano. Il grano
maturerà, allora diventerà giallo, arriveranno anche i corvi, basta aspettare.
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I campi di grano (verdi in maggio) dipinti da Van Gogh (gialli in luglio) a Auvers-sur-l'Oise, Francia |
Prima, mentre camminavo per il paese alla ricerca dei
luoghi che il pittore immortalò nelle sue opere, mi sembrava che la gente che
incontravo tenesse un comportamento più sobrio e contenuto del solito, in
armonia con l’animo triste di Auvers-sur-l’Oise, che forse è cosciente del ruolo che
la storia gli ha assegnato più di cento anni fa. Anche le auto mi sembravano
meno rumorose. Le persone, quasi tutti visitatori giunti a Auvers-su-l’Oise per
lo stesso mio motivo, camminavano parlando sottovoce, consultando cellulari e
carte geografiche. Percepivo intorno a me un grande rispetto, una sobria
attenzione.
Sono passato in mattinata a visitare l’Auberge Ravoux,
lo stesso dove soggiornò e morì Vincent dopo il colpo di pistola e mi hanno
mostrata la sua stanza che da allora la proprietà non ha più toccato o
riaffittato. E’ stato inevitabile: il mio pensiero è volato alla Camera di
Vincent ad Arles, ma la direzione era sbagliata. La camera di Arles è modesta,
ma allegra, mi pare. Sul letto una coperta rossa, alcuni quadri alle pareti, un
tavolino, una finestra che si apre sul mondo. All’Auberge Ravoux la stanza di
Vincent, se così si può chiamare, è invece un loculo di tre metri per due, a
dimostrazione del livello di miseria in cui versava il pittore. Un piccolo
lucernario fa filtrare un po’ di luce dal soffitto, appoggiate alla parete
alcune cornici e tele (non dipinte) originali. Nient’altro.
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L'hotel Ravoux dove da Van Gogh visse i suoi ultimi 70 giorni di vita e morì, Auvers-sur-l'Oise, Francia
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Oggi la mia giornata è trascorsa andando alla ricerca
di molti altri luoghi del paese che Vincent dipinse: oltre all’auberge Malroux,
l’Hotel de Ville, la Posta, la chiesa, vista non di fronte, ma dall’abside come
la riprodusse lui. Poi il castello e la casa del dottor Gachet. |
L'Hotel de Ville di Auvers-sur-l'Oise (il Comune) dipinto da Van Gogh, collezione privata, Spagna |
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L'Hotel de Ville di Auvers-sur-l'Oise (il Comune) oggi, Auvers-sur-l'Oise, Francia |
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La chiesa di Auvers-sur-l'Oise dipinta da Van Gogh, Auvers-sur-l'Oise, Museo d'Orsay, Parigi, Francia |
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La chiesa di Auvers-sur-l'Oise oggi, Auvers-sur-l'Oise, Francia |
Noto che qualcuno ha deposto qualche girasole sulle
tombe, tra le foglie dell’edera, anche su quella di Theo. Il fiore che dipinse
tante volte. Il loro giallo spicca nel verde e sembra testimoniare, ce ne
fosse ancora bisogno, dell’amore smisurato di Vincent per la luce.
Lascio il piccolo cimitero di Auvers-su-l’Oise e mi
dirigo verso la stazione per rientrare a Parigi. Sulla via del ritorno però mi riservo
un’ultima visita. Vado a cercare le radici che mi hanno impressionato alla
mostra dell’anno scorso. Esistono ancora ai margini del paese, recintate e
protette come reliquie. Sono state riconosciute fortunosamente in una vecchia
cartolina di saluti da Auvers. Che siano proprio quelle non saprei, certo la
somiglianza con le radici del quadro è impressionante. Facciamo che siano
quelle, se anche non lo fossero nulla cambierebbe. Rimane comunque l'emozione di guardare con i suoi occhi l’ultima scena di una
vita difficile, prima di farla finita.
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Radici e tronchi d'albero dipinti da Van Gogh, Auvers-sur-l'Oise, Francia |
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Le radici e tronchi d'albero ripresi da Van Gogh, rue Daubigny, Auvers-sur-l'Oise, Francia |
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Le radici e tronchi d'albero di rue Daubigny, Auvers-sur-l'Oise, Francia, riconosciuti, attraverso questa cartolina, come quelli dipinti Vincent van Gogh |
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Vide in quei tronchi e in quelle radici contorte, forse in un giorno
opaco come questo, lo specchio della sua vita e ne trasse le conseguenze. Tuttavia
volle lasciare la mondo non solo le sue opere, ma anche un’ipotesi per il
futuro dell’arte. Guardiamo con attenzione quel quadro: non vi troviamo quasi più
traccia dell’Impressionismo che ancora dominava la pittura dei suoi tempi. Quel
quadro è la fonte alla quale si accosteranno gli espressionisti che verranno
dopo Vincent Van Gogh. Quel colpo di pistola spense una vita, ma aprì una nuova
era.
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