Il monastero templare di Tomar, Portogallo |
Ero stato a Lisbona qualche anno fa, ma allora non ero andato in giro per il Portogallo. Per questo ho deciso di colmare la lacuna quest’anno. Lo confesso, non è stato un caso. Esattamente 50 anni fa ci fu in questo paese un evento storico che ebbe un forte impatto sulla mia (allora) giovane esistenza: la Rivoluzione dei Garofani che fece crollare il regime fascista di Salazar (e del suo successore Caetano) e pose fine al colonialismo portoghese (Angola, Mozambico, Guinea-Bissau…), uno tra i più odiosi e retrogradi tra i regimi coloniali. L’evento condusse parecchie persone, anche di mia conoscenza, a Lisbona nel 1975, un anno dopo la rivoluzione, che ricordano tutt’ora una città in festa, invasa da giovani provenienti da tutta Europa, pieni di speranza e promesse per il futuro.
Vedere il paese oggi, a distanza di molto tempo, vedere “come è andata a finire”, e soprattutto come ha vissuto la gente questo anniversario, sono stati forti richiami per questo viaggio, ma sono arrivato in agosto, quindi lontano dal 25 aprile, giorno della rivoluzione. Normale quindi che i festeggiamenti fossero ormai passati, tuttavia era pur sempre un cinquantenario… Purtroppo, l’impressione che la Rivoluzione dei Garofani sia lontana, molto lontana nel tempo, l’ho avuta. Qualche murale di fronte alla torre di Belem (a Lisbona) e uno striscione sulla facciata della sede dei Partito Socialista ad Averio… non ho trovato altro. E quindi Grandola villa morena, nella commovente versione di Amalia Rodriguez, la canzone di “Zeca” Alfonso che fu usata come parola d’ordine per dare inizio alla rivoluzione, me la sono ascoltata alla radio.
50° anniversario della Rivoluzione dei Garofani, Belem, Portogallo |
La nobile Sintra. A una ventina di km a nord-ovest di Lisbona c’è la Serra de Sintra, una piccola catena di colline coperte da una rigogliosa foresta. La vicinanza con la capitale, il clima fresco che la difende dal caldo torrido delle estati portoghesi l’ha fatta scegliere, fin dal ’400, come residenza estiva dai reali portoghesi, ai quali si sono aggiunti anche nobili e ricche famiglie. Tra le montagne sono sorti di conseguenza splendidi palazzi e fastose residenze, che meritano senz’altro una visita. Attorno ai palazzi spiccano, altrettanto spettacolari, i giardini che i facoltosi proprietari non hanno trascurato di creare attorno alle residenze e i boschi che ormai contano decine o centinaia di anni. Degli uni e degli altri vale la pena sorprendersi per il livello di bellezza raggiunto. Sintra (patrimonio UNESCO) in realtà non è solo il paese che dà il nome al luogo, ma anche un arcipelago di frazioni che hanno mantenuto in linea di massima la fisionomia di un tempo. Tra tutti i palazzi spiccano il Palacio Nacional, residenza reale, i giardini e i palazzo di Monserrate e il Palacio da Pena, un palazzo che, fatte le debite proporzioni, in fatto di stranezze e originalità i Bolognesi possono paragonare a un’enorme Rocchetta Mattei.
Il palazzo da Pena, Sintra, Portogallo |
Data la vicinanza a Lisbona e le strade strettissime (molte a senso unico), l’assalto turistico estivo, locale e straniero, è incredibile, anche perché giustamente non sono stati costruiti a Sintra viadotti, ponti, tunnel e tangenziali per smaltire il traffico. Mi permetto così di dare una paio di consigli:
- Non cercare muoversi a Sintra con la propria auto, si rischia di passare la giornata in coda. In estate chiudono anche qualche strada. Ci sono ottimi mezzi pubblici e, soprattutto, una miriade di ragazzi che offrono passaggi con ogni tipo di mezzo, dalle auto private, alle moto, ai risciò.
- Prenotare le visite con largo anticipo o non si entra da nessuna parte
Lo stile manuelino. Il XV e il XVI furono i secoli delle grandi scoperte geografiche delle quali il Portogallo fu il primo protagonista tra i paesi europei. I successi delle scoperte di Vasco da Gama e degli altri navigatori convogliarono nel paese una straordinaria ricchezza proveniente dalle colonie e attrassero artisti stranieri e mise in contatto il Portogallo con molte culture straniere. Così all’inizio del ‘500 arrivò lo stile tardogotico che sotto il re Manuel I si sviluppò in una sorta di barocco esasperato: lo stile manuelino, dal nome del re che lo promosse. Sovrabbondanti decori in pietra molto elaborati, decori floreali, animali, riferimenti religiosi e marinari (nodi, corde, ancore) apparvero su muri e pareti, inquadrarono porte e finestre. Lo stile rimase inspiegabilmente confinato in Portogallo e durò solo mezzo secolo, tuttavia in un periodo così breve ha lasciato molti esempi di livello eccezionale.
Il portale (stile manuelino) della chiesa Dos Jeronimos, Lisbona, Portogallo |
Di fronte a questa architettura debordante mi sono chiesto che giudizio dare al di là dell’inevitabile stupore che ti coglie all’inizio e ho deciso che sicuramente ci sono altri stile più sobri e forse più belli, ma il fascino che lo stile manuelino suscita nel visitatore non può lasciare indifferenti. Se camminiamo con occhi attenti e se abbiamo colto la sua particolarità, lo stile manuelino emerge non solo nelle chiese e nei monasteri di cui parliamo sotto, ma anche, magari solo timidamente, in tante occasioni e in tanti particolari sparsi ovunque: castelli, case private, colonne, stipiti, finestre, monumenti, ponti, ecc. Tutto il paese ne è permeato.
Chiostri e monasteri. Ho parlato del Portogallo come di un paese cattolico e osservante e le molte chiese e i molti monasteri lo dimostrano. Dimostrano anche la potenza e l’opulenza della Chiesa e del Regno di Portogallo nel suo periodo di splendore quando furono fondati o ristrutturati i più eclatanti monasteri, con particolare attenzione ai chiostri che in generale appaiono dei veri e propri gioielli. Direi che chiese, chiostri e monasteri (soprattutto in stile manuelino) sono la l’espressione più importante e tipica del paese.
Lo spettacolare chiostro del monastero Dos Jaronimos, Lisbona, Portogallo |
In un ipotetico tour da Lisbona a Lisbona, alla ricerca dei monasteri e dei chiostri storicamente e architettonicamente più importanti del paese (tutti patrimoni UNESCO), in senso orario troviamo:
- La chiesa di Gesù a Setùbal
- La chiesa e il clamoroso chiostro del monastero dos Jéronimos a Bélem (Lisbona), dove si trova l’elegante tomba di Vasco da Gama
- Il monastero di Mafra, con la bellissima biblioteca, stupendamente decorata
- Il monastero e il chiostro di Alcobaca, dove si trova la Sala dos Reis (la sala dei re) che custodisce le tombe della maggiora parte dei re del Portogallo
- L’abbazia e il chiostro di Batalha, con le Capelas Imperfeitas (cappelle incompiute), un circolo di cappelle monumentali non finite (manca il tetto). Pioveva il giorno della mia visita e ho dovuto ammirare le elaborate incisioni manueline delle colonne sotto l’ombrello: un’esperienza nuova
- Il convento di Cristo a Tomar, il monastero dell’ordine dei Templari, con i suoi otto chiostri e la bellissima chiesa circolare
Azulejos (molto più di semplici piastrelle). Azulejo significa piastrella, ma in Portogallo il significato trascende il valore dell’oggetto e se le piastrelle le troviamo ovunque nel mondo, qui rappresentano un tratto tipico del paese e unico al mondo. Un tratto culturale e storico che ha accompagnato il paese attraverso i secoli. Gli azulejos vennero introdotti dagli arabi nell’VIII secolo e hanno subito nel tempo una evoluzione costante che è arrivata fino a noi. Hanno quindi una storia lunga secoli che nel XV e XVI secolo ha raggiunto, secondo me, il suo massimo livello: azulejos quadrati (di solito 12 cm di lato), di colore prevalentemente azzurro/blu su fondo bianco, con disegni geometrici oppure rappresentazioni corali e di grandi dimensioni (scene di caccia, mestieri, soggetti religiosi e scene di vita quotidiana. Si possono ammirare ovunque: sui muri delle case, sulle pareti interne ed esterne di case e di palazzi, di chiese e di monasteri.
Gli azulejos della sala di aspetto della stazione ferroviaria di Porto, Portogallo |
Per vederli basta guardarsi attorno, entrare in una chiesa, attraversare un portico o un giardino: gli azulejos sono lì per venirci incontro. Difficile dire dove si trovano i più belli. Io ho amato moltissimo quelli sulle pareti della sala d’aspetto della vecchia stazione ferroviaria di San Bento a Porto, anche se al momento della mia visita alcuni erano sotto restauro, ma quelli già visibili… che roba! Oltre questi, sempre a Porto, quelli della cattedrale (la Sé). Oppure quelli altrettanto splendidi della vecchia cattedrale (la Sé Velha) di Coimbra. Da non mancare, potendo, nemmeno il museo nazionale dell’azulejo a Lisbona. Ma sono scelte personali e quindi arbitrarie
Villaggi di scisto (Aldeidas do xisto). Non molto distante da Coimbra si alza la Serra da Lousà, colline non molto alte e verdi. La gente qui fino a qualche decennio fa conduceva una vita dura (allevamento, taglio del legname, un po’ di coltivazioni) e viveva in piccoli villaggi nascosti tra boschi. Per costruire le case usavano una pietra che trovavano abbondante sul posto e non troppo dura da lavorare: lo scisto, una specie di ardesia. Negli anni, come i paesi montagna in tutta Europa, hanno subito un inevitabile abbandono che da noi ha significato la sparizione di molti di essi. Invece qui, abbandonati, ma non del tutto, hanno resistito e oggi stanno vivendo un lento risorgimento, ovviamente legato al turismo, ma un turismo educato e non invasivo.
Il villaggio di scisto di Cerdeira, Portogallo |
E’ nata anche un’associazione con lo scopo di proteggerli, aiutarne il restauro, manutenere i numerosi sentieri che li collegano (ufficialmente sono 27). Un piacevole giro di qualche ora da Coimbra può raggiungere i più belli: Candal, Talasnal, Casal Novo, Chiqueiro, Cerdeira, Arganil, Piodao. Il più bello di tutti? Per me Cerdeira, ma anche Talasnal…
Aldeidas historicas (villaggi storici). Più a est della Serra da Lousà, verso il confine con la Spagna, le montagne si fanno più alte, più aride e più desertiche. E qui sorgono altri piccoli villaggi per i quali possiamo ripetere, parola per parola, quanto detto per i villaggi di scisto. Le sole differenze stanno nel materiale di costruzione (qui il granito sostituisce lo scisto) e nel fatto che questi sono tutti arroccati alla base di castelli che un tempo costituivano una rete difensiva contro gli Spagnoli. Vale quindi senz’altro la pena di allungare il giro ai villaggi di scisto per arrivare fino a villaggi di granito. I più belli sono: Trancoso, Belmonte, Sortelha, Monsanto, Idanha-a-Velha. Il più bello di tutti? Senza dubbio Sortelha.
La piazza del villaggio storico di Sortelha, Portogallo |
Lello & Irmão. Si tratta di una libreria. Lello è un cognome, quello che della famiglia proprietaria che l’ha gestita dall’1906 fino al 2016. E’ l’unica libreria che io conosca che richiede la prenotazione per entrare e l’ingresso è a pagamento. Sì, avete letto bene: 5 euro per entrare, cifra che viene eventualmente detratta dal prezzo dei libri acquistati. D’altra parte, che fare per controllare l’incredibile afflusso di gente che entra per vederla (migliaia di persone al giorno, letteralmente)? In fondo è una libreria e rimane un esercizio commerciale, non è un museo. La facciata che dà sulla strada è bella, ma è l’interno che incanta: una lunga sala in stile liberty, al centro della quale troneggia una maestosa scala, anch’essa liberty, che porta al piano superiore, le pareti e soffitti istoriate e dipinte (prevale il rosso).
La libreria Lello & Irmao, Porto, Portogallo |
Commovente la saletta che raccoglie cimeli, manoscritti, foto e opere di Josè Saramago (il grande scrittore portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998). Ricorda un po’ lo studiolo, fatte le debite proporzioni, che i Zanichelli riservarono a Giosuè Carducci e che ancora oggi possiamo vedere nel centro nell’omonima libreria nel centro di Bologna. Ormai è un must di qualsiasi turista che arrivi a Porto e, se si riesce ad estraniarsi dall’orda dei visitatori e dai loro selfy, rimane una esperienza.
Romanità
portoghese (con appendice spagnola). I Romani arrivarono in Portogallo nel 210 a.C. ed
entro il 60 a.C. avevano già fondato la capitale Osilipo (Lisbona). Non hanno
lascito nel paese tracce molto numerose della loro presenza, tuttavia almeno
due reperti importanti sono rimasti:
- La città di Conimbriga, vicino a Coimbra, con alcuni notevoli pavimenti di maestose ville, anche se una discutibile copertura fissa salva i mosaici più belli dalle intemperie, ma toglie fascino al luogo.
- La traccia più importante lasciata dai Romani in Portogallo è lo splendido tempio di Diana a Evora. E’ al centro della piazza più bella di una città ottimamente conservata (edifici del XVII secolo) ancora circondata dalle mura (patrimonio UNESCO).
Ma siamo in Europa dove i confini non esistono più. Per cui basta percorrere da Evora circa 150 chilometri per arrivare a Merida (Spagna) dove troviamo la romanità più fantastica della penisola iberica e, secondo me, oltre: il teatro, uno dei meglio conservati al mondo, il tempio di Diana, il ponte sul fiume Gadiana, l’anfiteatro, l’acquedotto. Una trasferta da Evora, credo, da non perdere.
Il teatro romano di Mèrida, Spagna |
Portogallo megalitico. Poco valorizzato e, a volte poco accessibile, esiste un patrimonio preistorico del paese. Ci sono siti di notevole interesse e valore, soprattutto nelle vicinanze di Evora, tra i quali, in mezzo ai boschi, spiccano:
- Anta grande di Zmbujeiro: un’ampia e spettacolare camera funeraria (6 metri di diametro) creata da 8 enormi pietre verticali. Non serve molta fantasia per immaginare i riti che vi venivano svolti, il vento che soffia leggero tra le foglie delle querce aiuta.
- Cromelenque dos Amendres: non è Karnac, ma è tuttavia un complesso di 92 pietre verticali distribuite con apparente disordine sul fianco di una collina. Le dimensioni e un immaginario abbozzo di lavorazione le può assimilare a persone che guardano da 6/7000 anni il bosco di querce da sughero che li circonda e la città di Evora che si scorge in lontananza.
- Menhir dos Almendres: un monolite di 3 metri altezza, perfettamente scolpito ed eretto in mezzo agli ulivi.
Palazzi in stile liberty di Aveiro, Portogallo |
Vasco da Gama. Sul grande navigatore portoghese, primo europeo a raggiungere l’India via mare doppiando il capo di Buona Speranza, non ho considerazioni da fare che non siano già state fatte, solo una che forse può risparmiare qualche brutta figura. L’ho sempre chiamato “Vasco de Gama”, come molti, credo, ma ho scoperto, davanti alla sua tomba nel monastero dos Jerònimos a Lisbona, che il suo cognome era “da Gama”. Meglio tardi che mai.
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