sabato 30 novembre 2013

Viaggio in TCHAD

Ennedi (Tchad)
Paesi attraversati: Tchad
Itinerario: Njamena, Bahr el Ghazal, Faya (ex Faya Largeau), Tibesti, massiccio dell'Ennedi, Biltine, Abeche, Njamena
Periodo: Dicembre 1999-gennaio 2000
Durata: 2 settimane

Centodieci km di strada asfaltata, 350 km di pista sabbiosa decente, più di 10 giorni (come si fa a contare i km in queste condizioni?) di navigazione nel deserto (sapevate che si "naviga", oltre che sul mare e sul web, anche nel deserto?) con il solo ausilio delle bussole e dell'esperienza delle nostre guide. Questi sono i dati che hanno caratterizzato il mio viaggio Tchad, uno dei luoghi più isolati del pianeta.




Difficoltà desertiche (Tchad)

Un viaggio fisicamente molto duro lungo percorsi non segnati sulle carte, ma che seguivano una traccia ideale di collegamento tra i pozzi dai quali potevamo attingere acqua. Lungo il letto del Bahr el Ghazal (un oued che non saprei quando possa aver visto l'acqua per l'ultima volta) incappammo nella più dura tempesta di sabbia che abbia mai affrontato, che durò tre giorni, per fortuna i meno interessanti.

Nei primi anni '80 tutta la regione nord del paese (Tibesti) rimase coinvolta nella guerra con la Libia che occupò tutto il nord e, infatti, da quelle parti incontrammo sul percorso diversi residuati bellici. Nell'oasi di Faya si vedevano ancora gli esiti delle sparatorie e dei bombardamenti.

I laghi nella regione di Ounianga (Tchad)



Ma le difficoltà furono ampiamente compensate dallo straordinario paesaggio, di una bellezza unica e aspra. Sottoposto da millenni all'erosione della sabbia e del vento, il Tchad del nord ci presentava scenari da favola: dune che si inerpicano sui fianchi delle montagne, labirinti di roccia e archi di pietra, laghi tra le dune. Come in tutto il Sahara non mancavano splendide pitture rupestri che mostravano che c'era vita in un tempo remoto tra quelle montagne. I laghi del deserto che si susseguono ai piedi della catena dell'Ounianga rimangono uno degli spettacoli più straordinari che abbia mai visto. Fra questi scenari sono entrato nel nuovo millennio.

Incontri al mercato di Faya (Tchad)


Nelle poche oasi incontrate, come Faya, Biltine o Abéche, si poteva già intravedere l'invasione dell'Africa da parte della Cina: erano oasi abbastanza fornite, piene di mercati che vendevano ogni tipo di prodotti. Ma tutto era made in Cina e scritto in cinese. Non sono riuscito a trovare un prodotto fabbricato altrove, né una marca a me nota (Pepsi Cola a parte).

Cosa non mi perderei di questo viaggio:

Faya (ex Faya Largeau).  In quest'oasi che portava ancora evidenti tracce della guerra con la Libia, imparai a conoscere i Toubou, una popolazione cugina dei Tuareg, più fiera e meno socievole, un po' scontrosa. C'era un bellissimo mercato nella piazza centrale, piena di gente colorata (soprattutto le donne) che avrebbero fatto la felicità di qualsiasi fotografo. Ma era difficile fotografare. Molto bello il palmeto. Dopo la durissima traversata dalla capitale lungo il Bhar el Ghazal (3 giorni di tempesta di sabbia) trovammo nell'oasi lo splendido sole che ci avrebbe accompagnato per tutto il viaggio.

I laghi di Ounianga. Il viaggio da Faya per arrivare ai laghi fu caratterizzato da diverse difficoltà nel seguire il percorso giusto e fu costellato da incontri sinistri con alcuni residuati bellici. Incontrammo qualche povero villaggio come Ounianga Kebir, poche capanne coperte di stuoie di paglia. Da qui cominciava la spettacolare serie i laghi salati del deserto, che affiorano dal terreno sciogliendo i sali di cui sono ricchi. L'erosione in questa zona ha prodotto formazioni rocciose che si colorano di tutti colori dell'arcobaleno specchiandosi nei laghi. Questi erano circondati da una corona di palme rigogliose. Scenari da cartolina. Il primo fu li lago Yoa. Seguirono i laghi Katam, separati da una lingua di terra larga tre metri, ma sufficiente per tenere separate le loro acque di colori molto diversi (sempre a causa dei sali disciolti): verde e rosa. Poi arrivammo al lago Motrò, il più piccolo, archetipo dei laghi sahariani: circolare, bordato da un nastro di palme e incastrato in una corona di dune che si specchiavano nelle sue acque. Poi arrivammo al più bello, forse: l'Ounianga Serir, che oltre alle caratteristiche degli altri poteva vantare alcune rocce altissime dai colori stratificati che sorgevano dalle sue acque. Sembravano castelli di fate. L'ultimo della serie, il lago Boku, non aveva palme intorno, ma canne fruscianti nella brezza della sera. Offriva una meravigliosa caratteristica, unica: era di acqua dolce. Ricordo il bagno nelle sue acque, dopo tanti giorni di sabbia, come una gioia rara.

La traversata dell'erg Mourdì. Attraversando l'erg Mourdi proseguimmo nel "battesimo della solitudine" come chiamò Bowles l'isolamento estremo alla quale va incontro chi si avventura nel Sahara. In tutto il tragitto, oltre all'ambiente maestoso, incontrammo solo le saline di Teguedei, dove si estraeva sale, bianco e di ottima qualità, e il villagio di Demi, poche case poverissime come poverissimi erano i suoi abitanti. Vivevano però in un'area ricca di reperti litici preistorici e ci offrirono a prezzi altissimi punte di freccia, macine e pestelli. Nella grande solitudine del deserto incontrammo alcuni nomadi Toubou in viaggio con i loro cammelli: loro sì che sapevano "viaggiare leggeri".

L'Ennedi. Durante il viaggio ho pensato molto a come definire l'Ennedì, una regione spettacolare. Alla fine ho deciso per questa versione: prendete Petra (Giordania), i sassi di Matera, la Cappadocia (Turchia), le Dolomiti, La Monument Valley, la Death Valley. Mescolate tutto e avrete una vaga idea dell'Ennedì. Cattedrali di roccia, archi, grotte, labirinti... adagiati su un tappeto di sabbia. Nonostante tutto qui piove ogni tanto, qual tanto che basta a fare crescere stagionalmente un po' d'erba che, una volta secca, spalma una sfumatura verdina sulle dune di sabbia. Nell'Ennedì ci sono pozzi abbastanza frequenti, per cui c'è vita. Ci abitano i nomadi Toubou e una discreta fauna (rondini, rapaci, gazzelle, sciacalli, iene, mufloni). Dicono che ci sono anche i leopardi. Sarà vero? La vita attorno al pozzo di Tokou era vivacissima. Noi ne approfittammo per lavarci un po' e per osservare da vicino alcune famiglie Toubou impegnate nell'abbeverata dei cammelli: assomigliano ai Tuareg, ma hanno i lineamenti più "occidentali" e la pelle più scura. La selle dei cammelli sono meno appariscenti di quelle dei Tuareg, non portano sul davanti la croce di Agadez e hanno dietro un specie di "coda" che serve per salire in groppa all'animale. In quei giorni avemmo un colpo di fortuna: l'organizzazione trovò un piccolo aereo con il quale rientrammo da Abeche a Njamena, risparmiando un paio di giorni di viaggio via terra che potemmo spendere nell'Ennedi in trekking e altre visite.
 
La guelta (gola) di Archei. Una sera arrivammo ai piedi di una parete liscia, alta un centinaio di metri. Dalla base fino alla sommità la attraversava una spaccatura verticale, netta, larga una cinquantina di metri. Il buio incombente non ci permise di scorgere altri particolari. La mattina seguente ci incamminammo lungo la parete alla ricerca di un passaggio per arrampicarci sulla montagna. Quando lo trovammo cominciammo a salire e ad ogni passo che facevamo verso la cima, lo scenario dell'Ennedi nella luce dell'alba si allargava sempre di più, mostrandoci panorami fantastici. Dopo un paio di ore ci raggiunse il rumore, un rombo sordo che le pareti che avevamo intorno faceva rimbalzare da ogni parte. Sembrava un aereo in lontananza o un terremoto. Quando raggiungemmo la sommità della parete alla base della quale la sera prima avevamo piantato il campo, ci affacciammo al bordo dello strapiombo. Eravamo giunti sopra la guelta di Archei, un canalone liscio e sinuoso scavato dal fiume nella preistoria che si snodava a monte a valle con ampie volute. Scoprimmo anche qual'era la sorgente del rumore: centinaia di cammelli si abbeveravano nel fiume sottostante. La guelta è l'unico luogo della regione dove c'è acqua in ogni periodo dell'anno (pozzi a parte) e i nomadi portano là le loro mandrie ad abbeverarsi. I branchi di cammelli arrivavano a ondate di cinquanta individui alla volta e si gettavano in acqua, mentre altrettanti venivano condotti via. Uno spettacolo unico al mondo! L'emozionante scena quasi non mi permise  di accorgermi della vista di un paio di rari coccodrilli che vivono in una pozza del oued. Si tratta dell'altra meraviglia della guelta: qui vivono alcuni coccodrilli del Nilo di piccola taglia, sopravvissuti incredibilmente nei secoli nella poca acqua che si raccoglie nelle pozze permanenti.

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