Spisska Kapitula - Slovacchia |
Paese attraversato: Slovacchia
Itinerario: Bratislava, Banskà Stiavnica, Kosice, Bardejov,
Levoca, Liptovky Mikulas, Trnava, Bratislava.
Periodo: maggio
2010
Durata: 2 settimane
Slovacchia e Cechia, consenzienti,
separarono i loro destini nel 1989, dando vita ai due stati che conosciamo. Di
conseguenza, pensavo che la Slovacchia, persa la poliedricità e la bellezza
universalmente riconosciuta di Praga, avesse ormai poco da proporre al
visitatore. Come spesso mi capita, sbagliavo. La Slovacchia ha molto da
offrire. Intanto Bratislava, la nuova capitale, non è niente male, moderna e
vivace, un esempio, magistralmente conservato, di città mitteleuropea,
architettura asburgica, un grande centro storico pedonalizzato.
Non sarà Praga o Vienna o Budapest, tuttavia non le manca molto… E poi altre città minori e altrettanto belle, castelli stile “transilvania”, villaggi sperduti che mostrano tecniche di costruzione delle case (soprattutto in legno) sorprendenti, una natura aspra e severa a est, nel cosiddetto “carso slovacco”. Grotte di ghiaccio. E infine i gioielli più spettacolari del paese: le chiese di legno della regione di Bardejov.
Non sarà Praga o Vienna o Budapest, tuttavia non le manca molto… E poi altre città minori e altrettanto belle, castelli stile “transilvania”, villaggi sperduti che mostrano tecniche di costruzione delle case (soprattutto in legno) sorprendenti, una natura aspra e severa a est, nel cosiddetto “carso slovacco”. Grotte di ghiaccio. E infine i gioielli più spettacolari del paese: le chiese di legno della regione di Bardejov.
Alla ricerca delle statue di Bratislava. Camminando per il centro della città ci si può
imbattere in un operaio, con casco protettivo, che spunta col busto da un
tombino sotto un cartello che dice “Work in progress”. Non facendo attenzione
si potrebbe calpestarlo, ma certo non fargli male, perché è di bronzo. Una
statua a grandezza naturale e non è l’unica. C’è il paparazzo nascosto dietro
un angolo in attesa di scattare la foto del secolo. C’è il dandy che fa sfoggio di sè e della sua eleganza davanti a un locale
alla moda. C’è il soldato di Napoleone, abbandonato dall’armata, che si
appoggia sconsolato a una anchina della piazza principale della città, in
attesa che i commilitoni tornino a cercarlo.
Nel centro storico ci sono almeno una decina di statue, tutte a grandezza naturale, e una visita di Bratislava non può dirsi completa senza andare alla loro ricerca. Non ho trovato indicazioni o mappe che indicassero le localizzazioni delle statue (comunque tutte nel centro pedonalizzato) come se la loro ricerca fosse un simpatico invito, da parte della città, ai visitatori.
Nel centro storico ci sono almeno una decina di statue, tutte a grandezza naturale, e una visita di Bratislava non può dirsi completa senza andare alla loro ricerca. Non ho trovato indicazioni o mappe che indicassero le localizzazioni delle statue (comunque tutte nel centro pedonalizzato) come se la loro ricerca fosse un simpatico invito, da parte della città, ai visitatori.
Bardejov e le chiese di legno dei Carpazi. E’ il nome che l’UNESCO ha dato a uno dei patrimoni
dell’umanità della Slovacchia e, secondo me, del mondo intero: le chiese di legno
della regione di Bardejov, bellissima cittadina medioevale ai confini con la
Polonia con il centro storico e la piazza del municipio perfettamente intatta e
restaurata, cerchia delle mura quasi completa e intatta. Purtroppo avevamo poco
tempo a disposizione per vistare le chiese della regione, solo un giorno, e
quindi siamo andati a chiedere aiuto all’ufficio turistico di Badejov. Italiani
attenti! Ecco cosa vuol dire fornire un servizio! La ragazza dell’ufficio ci ha
organizzato per il giorno dopo la visita a sei o sette chiese, che, data la
bassa stagione, erano per lo più chiuse. Ha chiamato i custodi al telefono e ha
organizzato gli appuntamenti con loro in base ai luoghi e alle distanza tra di
esse! Dalla nove di mattina fino alle cinque del pomeriggio. Arrivati sui posti
abbiamo trovato i custodi che ci aspettavano! (Scusate i punti esclamativi, ma
sono rimasto impressionato). Anche la fortuna ci ha assistito: due settimane di
stagione incerta con parecchia pioggia (due gradi e neve su un passo il 15
maggio), ma la giornata delle chiese benedetta da una splendida giornata di
sole.
Le chiese hanno una storia molto
particolare che parte dal XVI secolo fino al XVIII e risente dello scontro tra
le diverse religioni praticate in Slovacchia: cattolica romana, greca
ortodossa, evangelica. Impossibile descriverle tutte, solo quelle classificate
ufficialmente sono una cinquantina. Costituite da tre corpi: l’ingresso con
sopra il campanile, la navata centrale e la parte riservata ai preti al di là
dell’iconostasi. Ricchissimi gli interni, icone, paramenti preziosi e le pareti
coperte da affreschi raffiguranti scene dell’antico e nuovo testamento.
Fondamentali per un popolo analfabeta. Grandi lampadari rompono la penombra
rendendo gli interni caldi e intimi. Tutte offrono schede informative, alcune
addirittura in italiano. Nella chiesa di Krainè Cierno, durante la nostra
visita, fecero partire una registrazione audio in italiano.
Incredibile la storia, tra le altre, delle
chiese “articolari evangeliche”, erette alle condizioni dettate da Leopoldo I
d’Asburgo. In un contesto di tensioni sociali e religiose e sotto le minacce
perenni dei turchi, l’imperatore nel 1681 fece concessioni ai protestanti ma
con limitazioni (articoli 25 e 26 dell’editto, da cui la definizione di
“articolari”) nella costruzioni degli edifici, chiese comprese, al fine di
limitare il rischio di sommosse popolari: potevano essere costruite solo
all’esterno dei centri abitati, dovevano essere terminate al massimo in un
anno, nella loro costruzione non potevano essere impiegati metalli (per esempio
chiodi); non potevano avere torri. Sono tutte così quelle costruite tra il 1681
e il 1730. Tali assurde limitazioni, inventate esclusivamente a scopo
intimidatorio, non impedirono la costruzione di chiese spettacolari che hanno
sfidato i secoli. Quella di Lestiny parla per tutte.
Gli appuntamenti delle visite furono tutti
rispettati e per entrare nelle chiese non previste ci bastò telefonare al
numero appeso alla porta per vedere arrivare in dieci minuti gli addetti
dell’apertura con le chiavi in mano. Tranne in un caso.
La grotta
di giaccio di Dobsina. Un’altra scoperta della sorprendente
Slovacchia. Sono migliaia le grotte carsiche nelle montagne dell’est, ma poche
sono aperte al pubblico. Una in particolare è stata per me un colpo al cuore,
forse perché non ne avevo mai visitata una: la grotta di ghiaccio di Dobsina.
Una passeggiata di quasi un chilometro sotto terra attraverso sale e corridoi
punteggiati da grandi stalattiti, stalagmiti, colonne, pareti di ghiaccio
bianchissimo. Solo ghiaccio, tutto ben illuminato. Una passeggiata
indimenticabile.
Attenzione: l’ambiente non cambia di molto tra estate
e inverno, la temperatura si aggira sempre intorno allo zero. Occorre pertanto un
abbigliamento consono.
Cicmany, il villaggio ricamato. E’ anche
chiamato il “paradiso dei fotografi” questo villaggio di montagna che ha tutte
le case di legno scuro interamente ricoperte di disegni bianchi geometrici,
veri e propri ricami. Tutte le pereti di tutte le case di tutto il villaggio
sono così, un colpo d’occhio spettacolare. Immagino che la manutenzione
richieda un impegno straordinario che però gli abitanti evidentemente svolgono
volentieri: non c’era una casa che fosse malmessa.
Cicmany, il paese ricamato - Slovacchia |
Ovviamente Cicmany è
patrimonio dell’UNESCO.
Vikolìnec, il villaggio delle streghe. Anche questo
paese è patrimonio UNESCO, scomodo da raggiungere attraverso una strada
sterrate che si inerpica sulle montagne. Ma lo sforzo vale la pena, perché
Vikolìnec è straordinario. Tutte di legno, le case, costruite in successione ai
lati dell’unica strada, sono ristrutturate e dipinte di giallo e rosso. Pioveva
e faceva freddo, i comignoli fumavano e il fumo si mescolava con le nuvole
basse creando una bell’atmosfera crepuscolare anche se era mezzogiorno. La
letteratura dice che sia un villaggio dei streghe… Beh, sembrava davvero che lo
fosse e gli abitanti non facevano nulla per allontanare questa immagine. Non
c’era finestra che non avesse tendine bianche fatte all’uncinetto, pigne,
prodotti del bosco e tante streghe di varie dimensioni col cappello a punta e
la gerla sulle spalle ci guardavano da dietro i vetri. Nell’unica via (niente
asfalto in tutto il villaggio) c’erano anche streghe che fungevano da
indicatori stradali. Non erano molto diverse, dimensioni a parte, dalle
contadine che uscivano dalle case per andare a prendere acqua alle fontane. Scherzo
ovviamente. Vikolìnec, un paese fantastico forse destinato a scomparire, vita
troppo dura e senza prospettive, ma che forse il turismo potrà salvare: molte
case infatti si erano trasformate in negozi e chissà… Quel giorno eravamo gli
unici visitatori, ma le dimensioni del parcheggio all’ingresso del paese
denunciavano che nei mesi di punta potrebbe esserci un vero e proprio assalto.
PS: Vikolìnec è l’unico luogo al mondo dove abbia
pagato un biglietto di ingresso a un intero paese, ma se è servito a contribuire
al suo salvataggio, l’ho fatto volentieri.
La fabbrica di sale di Solivar. Ho visto
estrarre e raccogliere il prezioso sale necessario alla nostra vita in molti
modi, ma quello inventato a Solivar è sicuramente il più originale,
anche se molto complicato e impegnativo. Un eccezionale esempio di archeologia
industriale. In funzione dal XVIII secolo fino al 1970, la fabbrica è stata in
seguito trasformato in museo. Tre edifici. Nel primo era in funzione un’enorme
ruota, azionata da cavalli, che serviva a sollevare da un profondo pozzo
recipienti colmi di acqua salmastra. Dal primo edificio l’acqua veniva fatta
fluire nel secondo, lungo più di 200 metri, costituito da cisterne in legno
nelle quali si depositava il sale. Nel terzo edificio (non originale, ma
ricostruito) il sale veniva raccolto e cotto in grandi vasche. Un impianto
impressionante e spettacolare molto ben presentato da un modellino in legno che
ci fece capire più delle approssimative spiegazioni in tedesco della guida.
Nosferatu e il castello di Orava. Chi ha
visto “Nosferatu il vampiro” di Murnau (1922) ricorderà l’angosciante castello
che faceva da sfondo alla vicenda. Ebbene eccolo, quel castello. E’ quello,
bellissimo, di Orava dove è stato girato il film, ispirato, ovviamente, al
romanzo di Bram Stoker (Dracula).
Il castello di Orava - Slovacchia |
Iniziato nel XIII secolo come fortezza
militare ha subito nei secoli troppi incendi, mutilazioni e rifacimenti perché
le parti originali arrivassero a noi, ma ha mantenuto un’aria severa e nello
stesso tempo intrigante che lascia al visitatore la libertà di seguire il
proprio immaginario: intrighi, delitti, cospirazioni, tradimenti… Basta anche
solo osservare i suoi bastioni dalla strada per dare libero sfogo alla
fantasia. Ovviamente non c’è nessun nesso storico con Dracula, né con il
romanzo di Bram Stoker.
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