venerdì 30 aprile 2021

Viaggio nei PAESI BASCHI FRANCESI e ANDORRA

La Forza Basca, Sollevamento Pietre,
S. Jean Pied de Port, Paesi Baschi,
Francia
Paesi attraversati: Francia, Andorra

Itinerario: Carcassonne, Andorra, lungo il confine franco-spagnolo, Parco Naz. dei Pirenei, S. Jean Pied de Port, S. Jean de Luz, Biarrits, Bayonne, duna di Pilat, Parco Reg. delle Lande, Bordeaux

Periodo: agosto1997

Durata: tre settimane

Ne parlo nel libro: Ci sono posti così

Un viaggio particolare, sorprendente. Non focalizzato solo sui Paesi Baschi, ma anche nelle regioni vicine (Aquitania, Aude…). Quindi: i Pirenei, una catena bellissima, con ovini e bovini al pascolo, canyon, cascate, grotte meravigliose (Betharram, Hoxocelhaya…). E poi abbazie (S. Betrand de Comminges…) e castelli secolari (de la Brède, Roquetailade…), la sorprendente duna di Pilat, secoli di storia e di architettura che si manifestavano prepotentemente ovunque, quasi in ogni paese. Senza tralasciare vigneti famosissimi (Bordeaux, Sauterne, Armagnac…). 

Tuttavia, ciò che mi colpì profondamente fu l’identità culturale e storica di una regione (i Paesi Baschi) che, pur vivendo da secoli a cavallo di due stati (Spagna e Francia), mantengono una profonda integrazione culturale e linguistica. Certo, credo che i Baschi francesi non vorrebbero l’indipendenza da Parigi come i Baschi spagnoli desiderano quella da Madrid, tuttavia appariva evidente che la difesa dell’identità comune univa strettamente i baschi francesi e spagnoli. E un viaggio successivo nei paesi baschi spagnoli (San Sebastian, Bilbao…) non ha fatto che rafforzare questa convinzione.

Il chiostro della cattedrale di S. Maria di S. Bertrand de Comminges, Paesi Baschi, Francia

Durante il viaggio, effettuato in agosto, periodo di feste, ho trovato conferma di questa mia sensazione, incontrando feste ed manifestazioni che, per quanto assolutamente turistiche, mostravano una tipicità sorprendente. A cominciare dalla feria (festa) di Saint Jean Pied de Port (il più famoso punto di partenza del Cammino di Santiago), durante la quale venni a contatto con la pelota vasca e la fuerza vasca. Della prima sapevo poco, della seconda non avevo mai sentito parlare. Di fronte a tutto questo la visita all’assurdo non-stato di Andorra passò quasi in secondo piano.

La pelota basca. I Baschi, in Francia come in Spagna, amano moltissimo questo gioco molto popolare, la pelota. Basca, appunto. Questo sport ha una lunga storia, viene da lontano. Reso popolare nella seconda metà dell’800, è stato perfino presente alle olimpiadi del 1900 a Parigi. Quando incontriamo nei Paesi Baschi un fronton, un muro eretto in campo aperto, elemento costitutivo del gioco contro il quale i giocatori fanno rimbalzare la palla, ne capiamo la logica. La varianti del gioco sono diverse, ma dal 1900 la formula più spettacolare e apprezzata dai turisti è quella giocata con la grande chistera, che prende il nome dalla caratteristica “grondaia” di vimini che protegge il guanto protettore della mano. 

Giocatore di Pelota Basca,
S. Jean Pied de Port,
Paesi Baschi, Francia

La pelota basca è una sorta di tennis giocato da due squadre, composte da tre giocatori, che si sfidano dalla stessa parte del fronton. La pelota (palla), un po’ più grande di una palla da tennis, deve compendiare durezza ed elasticità. E’ fatta da un cuore di bosso o di caucciù, avvolto in lana e guarnito di cuoio. Lanciata contro il muro del fronton viene ripresa al volo o dopo il primo rimbalzo avvenuto all’interno di righe tracciate sul terreno (il campo di gioco). Nelle partite importanti i “pelotari” delle due squadre rivali, in camicia e pantaloni bianchi, si distinguono per il colore della cintura.

La fuerza vasca. Delle gare di forza basca, forse ancora più tipiche della pelota, non avevo mai avuto notizie e in seguito non ho più avuto occasione di incontrarle altrove. E poi, sarà uno sport? A giudicare dalla fatica e dal sudore dei partecipanti sembrava di sì. Di sicuro sono un tratto essenziale del carattere basco. Scoprii la sua esistenza dai manifesti che tappezzavano Saint Jean de Luz. Annunciava per quella sera lo svolgersi dei campionati di fuerza vasca. Proprio così: fuerza vasca. Mi domandai cosa potesse avere la forza basca di diverso da quella messicana o svedese. Non trovai una risposta adeguata, c’era solo da partecipare per capire, non potevo mancare. La manifestazione si teneva in un palazzetto dello sport di discrete dimensioni, le gradinate affollate. Era un impianto dedicato al basket e i canestri erano ancora al loro posto, ma si capiva che nulla avevano a che fare con la forza basca, né con gli attrezzi necessari allo svolgimento delle prove di forza che attendevano sul parquet, troppo inverosimili per la pallacanestro.

Prima di entrare in scena, gli attrezzi necessari alle prove di forza basca attesero con pazienza che l’esibizione del campione dei boscaioli (ne parlerò dopo) uscisse tra gli applausi. Tra loro spiccavano gli oggetti più inverosimili: bidoni del latte, balle di paglia, carrucole, un carro agricolo a due ruote. Dovettero attendere anche lo svolgersi di altre gare, diciamo, normali, come il tiro alla fune, nel quale si sfidarono otto giocatori per parte, che davano più l’impressione di pesantezza che di forza. Non mancava nemmeno il sollevamento del peso. Uso il singolare, peso, perché i contendenti dovevano sollevare da terra e issare sulle spalle un peso solo, poteva essere una sfera di granito o un cubo di metallo, entrambi pesantissimi. Sul manufatto di ferro era stampigliato il peso del quale ancora oggi dubito nonostante l’evidenza delle foto, ma che qualifico come falso: duecento chili! Quando finalmente gli attrezzi inverosimili entrarono in azione, diedero vita alle prove che ricordo con maggior simpatia, quelle più strambe, che di seguito descrivo. Una gara di forza basca contrappone squadre di 12 giocatori (più sono grossi e meglio è) venuti a difendere l’onore del proprio villaggio. Ciascuno di loro è specializzato in una delle otto prove sulle quali si basa la sfida, porve che si ispirano alle attività quotidiane che si svolgono (o si svolgevano) in campagna:

1: alzata del carro agricolo: consiste nel fare girare attorno alla punta del timone un carro di 350 kg e percorrere la maggior distanza possibile;

La Forza Basca, Alzata del carro agricolo, S. Jean Pied de Port, Paesi Baschi, Francia

2: boscaioli: bisogna tagliare con l’ascia dei tronchi da 35 a 60 cm di diametro il più velocemente possibile (vedere dopo);

3: segatura del legno: occorre segare 10 tronchi di 10 cm di diametro, sempre il più rapidamente possibile;

4: corsa col sacco: non è la corsa nel sacco che conosciamo; si tratta di correre con un sacco di 80 kg sulle spalle;

5: sollevamento della balla di paglia; bisogna issare a 8 metri di altezza una balla di paglia di 45 kg il maggior numero di volte in due minuti;

La Forza Basca, Sollevamento della balla di paglia, S. Jean Pied de Port, Paesi Baschi, Francia

6: sollevamento delle pietre (o altro) di 250 o 300 kg; vince chi fa più sollevamenti; ho visto alzare pesi con su scritto 200 kg, ma onestamente non credo che fossero veramente 200;

La Forza Basca, Sollevamento del peso, S. Jean Pied de Port, Paesi Baschi, Francia

7: prova dei bidoni del latte; percorrere la maggior distanza possibile con due bidoni di 40 kg appesi a ciascuna mano;

La Forza Basca, Prova dei bidoni del latte, S. Jean Pied de Port, Paesi Baschi, Francia

8: tiro alla fune (la prova regina); è la classica prova che conosciamo e che oppone due squadre di otto uomini ciascuna.

La Forza Basca, Tiro alla fune, S. Jean Pied de Port, Paesi Baschi, Francia

Troppo spesso mi è capitato e anche quella sera non feci eccezione. La mia prima reazione al campionato di forza basca fu il sarcasmo che riserviamo a ciò che non conosciamo e, quindi, non comprendiamo. Si può dire che fossero gare sciocche? Può darsi, ma era un campionato di forza e si doveva misurare la forza dei concorrenti, non era un campionato di poesia. Quindi, perché chiamarle sciocche? Eravamo in montagna tra contadini, i volti di organizzatori, concorrenti e di buona parte del pubblico non mentivano, chissà quanti anni prima quei giochi erano stati inventati da una società rurale che non aveva molto di più a disposizione. Il duro lavoro dei boschi e dei campi, della costruzione delle case e delle chiese richiedeva una grande forza fisica e proprio la forza fisica era diventata nel tempo mezzo di confronto e competizione tra le persone, di sfida tra i villaggi. E necessariamente aveva ispirato quei giochi che si svolgevano sul parquet e che cominciai ad apprezzare senza più sorridere. Sollevare una pietra, un carro o una balla di paglia, trasportare bidoni di latte erano un tempo per i baschi attività quotidiane che richiedevano molta forza. Trasformare questa fatica in giochi e sfide era stata una conseguenza naturale. Mi resi conto che perfino il tiro alla fune richiedeva, oltre alla forza, coordinamento e sincronismo e mostrava un sorta di eleganza. Anche i miei vecchi mi hanno raccontato di antiche prove e scommesse campagnole, alle quali assistettero da giovani, ancora più sciocche, se vogliamo insistere con questo aggettivo inappropriato. I giocatori baschi faticavano e sudavano, si congratulavano sportivamente coi vincitori, consolavano gli sconfitti, aiutavano lo svolgersi corretto delle prove nelle quali non erano personalmente impegnati. Ridevano e si divertivano, si divertiva il pubblico che applaudiva tutti, ci divertivamo anche noi. E, allora, lunga vita alla fuerza vasca e ai suoi praticanti!

Il campione mondiale dei boscaioli. Eravamo entrati per la forza basca e non sapevamo nulla della presenza del campione del mondo dei boscaioli. Proprio così, dei boscaioli. Quella sera il taglio del tronco non era una gara tra due squadre, ma un semplice esibizione. Al centro del campo avevano innalzato un tronco di pino, un obelisco ligneo, quattro metri di altezza, cinquanta centimetri di diametro. Era attorniato dagli atleti in attesa delle prove di forza che lo scrutavano, lo soppesavano con lo sguardo, un po’ stupiti. Sembravano meravigliati anche loro della sua presenza. Anche il pubblico ne valutava le dimensioni da lontano, più interessato al diametro che all’altezza. Si percepiva attesa nella gente, impazienza. Era evidente che il tronco era al centro dell’attenzione generale, forse l’attrazione della serata, il protagonista di un grande evento. E fu così. Entrò la star che tutti attendevano, un fisico aitante ma non esagerato. Fu presentato come il campione mondiale dei boscaioli, il solo capace di abbattere un pino di cinquanta centimetri di diametro in pochi minuti. Ecco il motivo dell’interesse del pubblico per il diametro più che per l’altezza del tronco. Avrebbe offerto una dimostrazione della sua forza. Era entrato nell’arena portando un paio di asce, i suoi attrezzi di gara, come un tennista le racchette. Fu intervistato dal presentatore, raccontò delle sue recenti esibizioni, ammise di non essere al massimo della forma, ma assicurò che si stava preparando con impegno per i successivi appuntamenti di campione dei boscaioli. 

La Forza Basca, Boscaioli, S. Jean Pied de Port, Paesi Baschi, Francia

Come ogni atleta davanti a una prova molto impegnativa si concentrò, scelse l’ascia più adatta, la impugnò e assestò all’albero un paio di colpi potenti e precisi, uno a destra, l’altro a sinistra. Schegge di legno volarono lontano. Capimmo che aveva aperto un paio di tacche che gli servivano per scalare il pino, perché la prova consisteva nell’abbatterlo a due metri da terra. Con altri colpi precisi incise altre tacche e nell’ultima conficcò una piccola piattaforma sulla quale si sistemò in precario equilibrio. Era pronto, eravamo tutti pronti. Il primo colpo fece partire il cronometro e l’ascia che da quell’istante mulinò colpi con regolarità, allargando nel legno un taglio sempre più profondo. Con precisione ogni colpo finiva esattamente nel taglio, nessuno batteva altrove. Il campione picchiava con continuità, senza fretta e, in apparenza, senza fatica. Il pubblico lo incitava, batteva le mani e scandiva i colpi, lo sosteneva nello sforzo. Le schegge volavano, il pubblico applaudiva, il campione ora sudava, il taglio avanzava inesorabile nel tronco. Un ultimo colpo e dalla cima si staccò un grosso ciocco che cadde a terra e rotolò lontano. Stop al cronometro. Non ricordo se nell’occasione fosse stato battuto qualche record, ma ricordo che la prova durò più o meno tre minuti. Una perfomance stupefacente ad ascoltare il boato del pubblico. Il campione aveva fornito una grande prestazione.

La duna di Pilat. Ho viaggiato in lungo e in largo nei deserti africani, ho visto un’infinità di dune di ogni forma, dimensione e colore, ma attorno a quelle dune ho sempre trovato altre dune o rocce, deserto, insomma, mai boschi verdeggianti. Per cui ero curioso di ammirare la duna di Pilat e anche scettico. Ma arrivato di fronte ad essa, a poca distanza da Bordeaux, dovetti prendere atto dell’esistenza di un fenomeno singolare e di grande fascino della natura: una duna di 500 m di larghezza, 3 km di lunghezza e più di 100 m di altezza. 

Sulla duna di Pilat, Aquitania, Francia

Da una parte una foresta di pini, dall’altro l’Atlantico. Altre dune emergono dal mare di fronte a alla duna, a dimostrazione che sono le particolari condizioni del vento ad averla creata e a mantenerla nel tempo. Una vista indimenticabile.

Un paese di pupazzi. Ho rovistato nella memoria, ho navigato su tutti mari di Internet. Non sono riuscito a rintracciare questo paese che aveva distribuito ovunque (nelle strade, ai tavolini dei bar, sulle terrazze, nei giardini, davanti al municipio, ovunque…) bellissimi pupazzi a grandezza di uomo, completamente vestiti. 

Pupazzi di stoffa davanti al municipio, paese ignoto, Paesi Baschi, Francia






I volti di stoffa, dipinti con grazia naif, salutavano i passanti. Sembravano contenti di incontrarmi. Riuscissi a ritrovarlo, non avrei dubbi a ritornarci durante questa manifestazione. Se qualcuno mi sa dare qualche informazione…

Andorra. Devo ammettere che ci sono andato solo per poter dire ”sono stato ad Andorra”. Quanti possono farlo? E devo dire che questa ragione rimane la sola che per me abbia senso. Andorra è una valle che si apre nei Pirenei sul versante spagnolo. Per arrivare dalla Francia occorre attraversare un passo che supera i 2.000 metri. Non so come si presenti oggi il paese. Ricordo che allora era soprattutto una sequenza di officine (in particolare gommisti) e distributori di carburante allineati lungo un fiume. Evidentemente particolari condizioni fiscali abbassavano i prezzi al punto che queste sembravano le uniche attività dello stato. Un giorno buttato via.


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