venerdì 23 giugno 2023

Viaggio a Rio de Janeiro

La spiaggia di Ipanema al tramonto, Rio de Janeiro, Brasile
Paese: Brasile

Periodo: luglio 2022

Durata: 4 giorni

Diretti in Pantanal (Brasile del sud-ovest) c’era da decidere se volare su Rio de Janeiro o San Paolo. Ovviamene la scelta è caduta sulla prima. Era anche una occasione per visitare la città fuori dal periodo del carnevale, vale a dire quando non è intossicata e sconvolta da festeggiamenti e orde di turisti. E così, prima di puntare al Pantanal, ci siamo fermati qualche giorno a Rio. 

Cosa mi aspettavo? Non molto da una città che più o meno associavo – come molti, credo – al carnevale e alla samba? E invece devo dire che mi ha sorpreso… Sono cosciente di esserci stato come visitatore, che prima o poi se ne va, è molto facile, quasi entusiasmante. Perché in questo caso si possono respirare tutte le sue caratteristiche (allegria, oserei dire gioia di vivere, colori, musica, bellezza della gente...). Mi sto impelagando nei luoghi comuni, lo so, ma effettivamente questa era la sensazione provata in quei giorni. Viverci come brasiliano sono consapevole che sarebbe molto diverso.

Splendidi scenari. Sono una delle caratteristiche della città. Dalla cima del Pan di Zucchero o del Corcovado (discutibile la statua gigante del Redentore che svetta sul suo culmine) si domina uno scenario che credo abbia pochi eguali al mondo. Soprattutto al tramonto il sole calante irradia una luce che la banalità turistica definirebbe “magica”. A perdita d’occhio e tutt’intorno, a 360 gradi, “isole” e “penisole” di palazzi bianchi affiorano tra boschi verdissimi e a specchi mare azzurro. Uno spettacolo. Perché Rio, una megalopoli di 7 milioni di abitanti, dall’alto appare così: come fosse un arcipelago di paesi contigui, ma separati da foreste e lagune.

Rio vista dalla funivia che sale al Pan di Zucchero, Rio, Brasile

Anche fare, ad esempio, un giro, uno dei tanti possibili (meglio se in bici), attorno al lago Rodrigo de Freitas, alle spalle della spiaggia di Ipanema, circondati da palazzi bianchi, sullo sfondo di montagne ripide e verdissime, procura sensazioni di sorpresa e stupore.

Favelas. Le favelas di Rio sono un richiamo irresistibile per il turista medio e qualche agenzia del posto si è organizzata perché la loro povertà diventi sempre più un richiamo per i vacanzieri in cerca di brividi terzomondiali, proponendo viaggi organizzati e al riparo dalle sempre minacciate aggressioni. Un amico che frequenta il Brasile da anni e lo conosce bene, mi aveva detto prima di partire: non importa che tu vada a “vedere i poveri” nelle favelas, li puoi trovare anche in centro. Qui in effetti ne ho incontrati, anche se, per fare un confronto, in numero molto inferiore a quello che ho visto, per esempio, a San Francisco. E alla considerazione del mio amico, io, che ho visitato molti paesi africani dove c’è chi vive con 1 dollaro al giorno e come volontario distribuisco pasti alle Cucine Popolari di Bologna, posso aggiungere che per “vedere” (e magari fotografare) i poveri basta guardarsi intorno, anche qui da noi. Così la decisione fu quella di non andare nelle favelas. Mi bastava osservarle da lontano, soprattutto di notte quando le luci che si arrampicavano sulle pendici delle colline che si scorgevano in lontananza le faceva assomigliare a presepi. E potevo pure immaginare che lo fossero.

Vita di spiaggia. Ciò che mi ha sorpreso della città, fuori dal carnevale, è stata la vita da spiaggia. Non che non ne avessi sentito parlare, un conto è sentir dire, un altro è vedere. Parlo di vita, non di presenza. Forse sulle nostre spiagge, in estate, per km quadrato c’è più ressa, tuttavia da noi i frequentatori sembrano far passare il tempo, al massimo leggere in attesa dell’ora di andare a cena. A Copacabana o a Ipanema ferve invece un’attività quasi frenetica: c’è chi lavora (venditori di qualsiasi cosa), chi cucina, chi gioca a qualsiasi sport che preveda l’uso di una palla (calcio, pallavolo, pallacanestro…), che fa il bagno, chi corre, chi fa surf, chi mostra cartelli pubblicitari agli automobilisti fermi ai semafori lungo il viale che costeggia la spiaggia. Impegnate in quest’ultima attività sono, di solito, ragazze giovanissime e procaci vestite di nulla che creano qualche anche turbamento. Non tutti prendono il sole. Insomma sembra che di giorno tutta Rio si traferisca in spiaggia, favorita da un clima benedetto, al massimo un po’ umido.

Vita da spiaggia, Rio, Brasile

Mirabili esempi di architettura moderna.  Rio non è Parigi, o Roma, o New York, cioè con offre una architettura eclatante, tuttavia qualche caso di alta qualità c’è. Faccio riferimento soprattutto all’architettura moderna che può vantare in città opere di famosi architetti: Alfonso Reidy, Santiago Calatrava e soprattutto Oscar Niemeyer che molto ha contribuito alla costruzione della capitale, Brasilia, e di cui vale la pena di ricordare la splendida sede della Mondadori a Segrate.

Non mancano a Rio ottimi esempi di liberty, come la magnifica Casa Franklin (1911) o la Biblioteca Nazionale (1910). Ma i veri gioielli, che consiglieri vivamente di non perdere, sono, a mio avviso, il Museo di Arte Moderna (1948), progettato da Alfonso Reidy... 

Il museo di Arte Moderan (Alfonso E. Reidy), Rio, Brasile

il Museo del Domani (2015) di Santiago Calatrava...

Museo del Domani, (Santiago Calatrava), Rio, Brasile

il Museo di Arte Contemporanea (1996) di Oscar Niemeyer...

 Museo di Arte Contemporanea (Oscar Niemeyer), Rio, Brasile 

Sembra strano, ma tutti e tre hanno una caratteristica comune che li rende diversi da quasi tutti i musei che mi vengono in mente: per la loro posizione e la loro struttura sono apprezzabili più dall’esterno che per il contenuto, cioè per le opere che custodiscono.

Perché andare al museo di Arte Contemporanea di Niemeyer di lunedì? Semplice, perché è chiuso! Una affermazione – ovviamente del tutto personale – che va spiegata. Neanche a farlo apposta, uno stupido errore ci portò al Museo di Arte Contemporanea del grande Oscar Niemeyer proprio di lunedì. In quel momento ciò che mi sembrò una stupidaggine imperdonabile, si rivelò un colpo di fortuna, perché il museo ha alcune caratteristiche che danno valore alla mia tesi. La prima è che il museo non presenta opere eclatanti (quelle, per capirci, che “valgono il viaggio”), la seconda è che si affaccia sulla scogliera in una posizione spettacolare a picco sul mare da cui si gode una vista magnifica sulla baia. La terza è che si trova a Niteròi, un comune di Rio situato nella parte opposta della famosa baia, per arrivarci occorre prendere un traghetto oppure compiere un largo giro per imboccare un ponte che collega due le sponde della baia. Il museo non è comodo da raggiungere e quindi non si va a Niteroi per caso o per svago, ma solo per vedere il museo. E se il museo è chiuso, non c’è nessuno in giro. E allora l’edificio (la cui spettacolarità, come anticipato, sta soprattutto all’esterno) si presenta in tutta la sua magnificenza scenografica e architettonica senza che il pubblico disturbi la visione. E le linee curve dell’edificio (tratto caratteristico dell’architettura di Niemeyer) e soprattutto della rampa di accesso, si mostrano allo stupore del visitatore in tutta la loro bellezza. Uno spettacolo. In conclusione: non avendo il tempo di andare al Museo di Arte Contemporanea di Niteròi in due giorni diversi, non avrei dubbi: andrei il lunedì, quando è chiuso!

2 commenti:

  1. Ciao Vio, come sempre leggo i tuoi racconti di viaggio con molto interesse e anche con un pò di invidia (buona)......questo l'ho letto più di una volta perché ho captato un pizzico di presunzione nei tuoi commenti tipo: banalità turistica, luoghi comuni, ecc......penso che è sempre buona cosa viaggiare, ognuno con la propria cultura e le proprie sensibilità e i propri mezzi...fortunato chi ha una preparazione intellettuale sopra la media...però viaggiando si può migliorare...scusa se mi sono permessa...... ciao grande Vio....

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    1. Ciao Carla, grazie per le considerazioni a cui rispondo volentieri con grande sincerità. Hai ragione, ognuno viaggia con la propria cultura, le proprie sensibilità e i propri mezzi. Che dire? La cultura non arriva per nascita, non è scritta nel DNA, la si raggiunge leggendo, studiando, cercando il bello, informandosi e così via. Quando vedo i comportamenti di certi "turisti" (la maggioranza) che corrono tra un selfie e l'altro, fotografano i piatti che poi mandano sui social, che palesemente non sanno nulla delle cose che vedono e che magari hanno una laurea e non leggono più di un libro all'anno, ecc. ecc. che devo pensare? Sono appena tornato da Malta, un'isola poco più grande dell'Elba che riceve oltre 2 milioni di turisti all'anno... e li ho quasi tutti trovati al ristorante e pochi sui templi megalitici di 3000-2500 anni fa (patrimonio UNESCO) che sono la caratteristica dell'isola, che devo pensare? Se ti riferisci a me quando definisci fortunato chi ha una preparazione intellettuale sopra la media, allora io (figlio di una generazione che aveva frequentato al massimo la quinta elementare) la rivendico come un privilegio che nessuno mi ha regalato e la uso per discriminare chi incontro nei miei viaggi e, in fondo, anche nella vita. Un abbraccione e un ciao smisurato

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