Un puffino atterra alla penisola Borgarfjodur, Islanda |
Itinerario: Reykjavik, Selfoss, Vik, Hofn, Egilsstadir, lago Myvatn, Husavik, Akureiri, penisola Vatsnes, Stykkisolmur, Reykjavik
Periodo: maggio-giugno
2024
Durata: 2,5
settimane
Quando i norvegesi arrivarono qui, prima dell’anno mille, trovarono un’isola verde e coperta di foreste. Avevano bisogno di legna per le case e le navi, pascoli per il bestiame e cominciò la deforestazione. Cavalli, pecore allevate allo stato brado in numero difficile da controllare, anche renne, hanno poi contribuito a distruggere il fragile ecosistema.
Da una cinquantina d’anni il paese s’è reso conto del danno e sta cercando, anche con qualche successo, un lungo e difficile rimboschimento. Ma intanto il deserto (spettacolare, comunque) copre molta parte dell’isola.
La spiaggia deserta di Stokknes (vicino a Hofn), Islanda |
Non va dimenticato inoltre un aspetto geologico fondamentale. L’Islanda è il prodotto del magma fuoriuscito dalle fatture provocate dallo scontro tra da due grandi placche tettoniche che generano frequenti e devastanti eruzioni. Ricordiamo ancora quella che oscurò il cielo del Nordeuropa nel 2010 generata da un vulcano dal nome impronunciabile o del magma che fuoriesce dal 2023 a Grindavik nella penisola di Reykjanes. Per osservare il risultato, tutt’altro che raro, della potenza devastante di un’eruzione, in questo caso fortunatamente ferma da anni, si può fare una passeggiata tra le formazioni laviche di Dimmuborgir, a est del lago Myvatn.
Infine va ricordato che l’isola si trova a cavallo del circolo polare artico ad una latitudine che garantisce l’esistenza di alcuni grandi ghiacciai, tra i quali il Vatnajokul, il più vasto d’Europa. Anch’essi contribuiscono all’asprezza del territorio. Così possiamo dire che lo scontro perenne tra fuoco e ghiaccio ha plasmato nel tempo il profilo dell’isola e, devo dire, anche il carattere dei suoi abitanti.
Gli iceberg si staccano dal ghiacciaio Vatnajokull, galleggiano nella laguna Jokulsarlòn per poi finire in mare, Islanda |
Ma in questa condizione estrema sta tutto il fascino dell’isola. E qui, nelle sue distese sconfinate, soprattutto verso est, nelle ore alla guida senza quasi incontrare nessuno, di fronte ai suoi cieli, al nero delle sue spiagge e alla sua irripetibile luce, ho provato le stesse sensazioni di isolamento, quasi di solitudine, provate nei deserti dell’Africa o dell’America del sud. Direi di primordiale contatto e abbraccio con la natura e la terra, di un ritorno alle origini di com’era il mondo “all’inizio”. Nel mio caso, sensazioni che giustificano ampiamente, anzi incoraggiano un viaggio in Islanda.
Geyser e aree geotermiche. L’attività del fuoco che ribolle nel sottosuolo non si manifesta solo con le eruzioni periodiche dei numerosi vulcani, ma anche generando numerose aree ad alta attività geotermica che gli islandesi sfruttato come insostituibile fonte energia. E quindi si incontrano spesso zone termali in cui ribollono crateri di fango o sbuffano fumarole di gas o vapori bollenti. Non lontano da Reykjavik, ad esempio, è possibile assistere allo spettacolo di Strokkur, un geyser che ogni qualche minuto spara un getto d’acqua bollente a 20 o 30 metri di altezza. Forse più dei vulcani, queste aree fumose, umide, invase da penetranti odori di zolfo e altri gas, danno la sensazione di trovarsi all’inferno, quello con la “i” maiuscola. Potenza della Divina Commedia!
Il geyser Stokkur lancia ogni 5-10 minuti getti d'acqua spettacolari (20-30 metri di altezza), Islanda |
Sono molte le aree in attività geotermica nell’isola: Gunnhver, nella penisola di Reykjanes, la valle Haukadalur a nord della capitale, Hverir, vicino al lago Myvatn (forse la più impressionante).
Possenti cascate. Non hanno certo l'importanza e il fascino di Iguazù e delle cascate Victoria, ma sono di grande impatto e possanza. Sono anche di facile accesso, anche troppo, quasi comode da raggiungere e questo crea un fastidioso sovraffollamento di auto pullman e selfie. tuttavia più si procede verso est più la morsa del turismo si allenta e permette di godere della vista spettacolare di queste montagne d'acqua che precipitano a valle in un fragore assordante. Gullfoss, Seljalndfoss, Skogafoss, Dettifoss, Godafoss sono solo le più belle e più accessibili di una teoria che ne conta a decine.
Non dimenticherei la meno nota Gljùfrabùi, raggiungibile a piedi da Seljalandsfoss. E' alta solo una quarantina di metri, ma è la più clamorosa di tutte perché nascosta all'interno di una gola nella quale si può entrare, bagnandosi a dovere, per godere di uno spettacolo unico.
Un (vero) ponte tra l’America e l’Europa. Con un po’ di fantasia possiamo considerare l’Islanda come un ponte tra l’Europa e l’America, ponte integrato dall’Irlanda e la Scozia a oriente, dalla Groenlandia e l’isola di Terranova a ovest. Questo ponte virtuale rende credibile il passaggio verso l’America dei vichinghi secoli prima di Colombo che per raggiungere il nuovo continente dovette affrontare un tragitto molto più lungo. Fin qui stiamo parlando di un ponte teorico, che idealmente avvicina due continenti, soprattutto se consideriamo solo le terre che emergono dal mare. Ma se contiamo che esiste terra anche sotto gli oceani, nel nostro caso l’Atlantico, allora il ponte di cui sopra diventa un vero ponte, in ferro, lungo una ventina di metri, a un’ora di strada da Reykjavick.
A Sandvik, nella penisola di Reykjanes,c'è il ponte tra i continenti (a sx l'America, a dx l'Europa), Islanda |
E’ un vero
ponte, ma non ha la funzione tipico del ponte, sopra non vi passa alcuna
strada, nemmeno un sentiero. Non serve a nulla, è più che altro un simbolo, uno
splendido simbolo, che rappresenta la separazione di due placche tettoniche.
L’Islanda, come detto, è situata esattamente sulla dorsale medio atlantica, una
frontiera di placche che si allontanano anno dopo anno. Il ponte permette così
a chiunque di passare in pochi passi da una placca tettonica all’altra, in
pratica dall’Europa all’America e viceversa. Ed è l’occasione di vedere
chiaramente gli effetti di un impressionante fenomeno geologico unico al mondo.
Area geotermale di Hverir, Islanda |
A questa variopinta tavolozza contribuiscono in modo determinante le abitudini degli islandesi che non mancano di rendere allegre le loro abitazioni con i colori più sgargianti alle quali, soprattutto a Reykjavick, non disdegnano di aggiungere i disegni e i colori di grandiosi murales. Questi sono tanto spettacolari che abbiamo dedicato loro uno specifico post.
Un museo di colori. Parliamo ancora di colori ricordando l’incredibile Petra Stone Collection a Sodvarfjodur nell’estremo est del paese, una chicca che non si può perdere. Petra è una signora di 85 anni che ha trascorso la vita in giro per l’Islanda alla ricerca di pietre e minerali. Ne ha raccolti centinaia di esemplari (sostiene che sono solo islandesi) che ha sistemato nell’ampio giardino di casa sua. Ne ha fatto un museo (ingresso a pagamento) nel quale è anche possibile acquistare dei pezzi. Un paradiso per gli occhi, soprattutto se si è un minimo conoscitori dei minerali. Chi compie il periplo dell’isola passa praticamente davanti a casa sua ed è ampiamente consigliato a fermarsi, soprattutto in una giornata di sole che faccia risaltare i colori. Gli esemplari messi in mostra sono tantissimi, come i colori che mostrano, i loro mix e la loro sfumature.
La penisola vulcanica e la spiaggia nera di Dyfrhòlaey, Islanda |
Iceberg (piccoli, quasi sciolti) sulla spiaggia. L’enorme ghiacciaio Vatnajokul copre una vasta area nel sud est del paese. Le sue colate di ghiaccio calano dai suoi fianchi fino alla strada, fino al mare. Durante il disgelo primaverile dai fronti del ghiacciaio si staccano gli iceberg che vanno galleggiare nella laguna di Jokursarlon prima di scivolare verso il mare e venire respinti di nuovo sulla spiaggia dalla risacca. Uno spettacolo incredibile.
Pecore e cavalli (senza dimenticare le renne). In tutto il viaggio di renne ne ho viste solo sei, divise in due gruppetti di tre ciascuno ed erano tanto isolate da non poter essere allevate nemmeno dalle più sperdute fattorie. Il mio tentativo di avvicinamento le ha fatte fuggire con tale velocità da garantire che fossero selvatiche. Durante la circumnavigazione dell’isola non ne abbiamo viste altre e quindi mi riesce difficile pensare che possano essere accusate di contribuire in modo significativo all’erosione del delicato strato di humus e erba che in alcune aree copre il suolo fatto di lava. Le guide dicono di sì, boh. I cavalli, e soprattutto le pecore, invece sì. Erano 800.000, le pecore, qualche anno fa, troppe. Le autorità stanno cercando di ridurne il numero (ora sarebbero sulle 400.000) ma è dura: la pecora per gli islandesi rimane un fornitore di latte, lana, carne difficile da sostituire. Certo che lo spettacolo dei prati verdissimi che circondano isolate fattorie punteggiate da centinaia di pecore bianche (ognuna accompagnata da un pio di agnelli) è impagabile: un quadro impressionista. Come pure avvicinarsi ad una recinzione e vedersi raggiungere da un gruppo di cavalli islandesi (una razza a parte che sfoggia una criniera stupenda scompigliata di continuo dal vento) in cerca di qualcosa da mangiare (carote ad esempio).
Cavalli islandesi (razza a parte) nelle penisola di Vatsnes, Islanda |
Una giornata con i pulcinella di mare (per gli amici “puffini”, per la scienza “fratercula arctica”). Per me era il “must” del viaggio, perché pochi ne avevo visti prima, ad esempio Alaska. L’Islanda è la loro patria, se ne contano più di un 1.300.000 che, in un paese che conta in tutto circa 400.000 abitanti, è un numero impressionante. Sì, avete letto bene: per la precisione 1.350.000. Eppure, per inciso, viene considerato attualmente uccello “minacciato”, anzi “vulnerabile”.
Puffino, penisola di Borgarfjodur, Islanda |
I puffini vivono un po’ ovunque sulle scogliere islandesi e sulle isole, difficili da raggiungere e, quindi, da osservare. Ma, se l’Islanda è la loro patria, loro hanno anche una capitale, Borgarfjodur, un micropaesino all’estremo est del paese, dove vivono e nidificano non saprei quante decine o centinaia di migliaia di esemplari. L’aspetto clamoroso di tutto ciò sta nel fatto che hanno colonizzato in questo caso un promontorio, non un’isola, e che quindi si possono raggiungere, loro e i loro nidi, a piedi, arrivando tanto vicino da poterli toccare con le mani (cosa che ovviamente nessuno fa).
La penisola Borgarfjodur (centinaia di migliaia di puffini, Islanda |
Per uno come me che ama la natura, una delle esperienze più esaltanti di sempre. Abbiamo dedicato l’intera giornata all’osservazione della colonia che si estende su una seria di colline verdi che coprono il promontorio: alcune ore al mattino e altre al pomeriggio, quando gli uccelli sono più attivi, e poi a sera, quando si preparano a trascorrere la notte. Nelle ore centrali della giornata si può andare altrove: i puffini spariscono tutti, ripeto tutti: volano in mare a pescare.
Rituale di riconoscimento delle coppie di puffini appena arrivati dai mesi trascorsi in mare (sono monogami). Il maschio intruso verrà scacciato |
Una fauna incredibile. L’Islanda si può considerare un paradiso per il birdwatching. Il mondo degli uccelli non è rappresentato solo dai puffini, ma anche dalla fauna avicola straordinaria. Non sono un esperto e rimando alla letteratura specializzata.
Non solo puffini in Islanda. questo è un maschio di edredone comune. |
Nel campo
dei mammiferi marini non dimentichiamo diversi tipi di balene facilmente
avvistabili a Husavik, i delfini, le foche che si possono avvistare in vari
punti lungo le coste, con maggiore probabilità a Ytri Tunga oppure a Hvitsercur
o Jokulrsarlòn, in ogni caso meglio se dotati di un buon binocolo.
Elfi e troll. Elfi, troll: figure sovrannaturali, positive e negative allo stesso tempo, presenti nella mitologia del nord, soprattutto germanica, e ben presente anche in Islanda, forse un tempo più di adesso. Ne ho trovato solo qualche flebile traccia qua e là. La mia permanenza nell’isola per altro è stata troppo breve per riuscire a indagare di più.
Vaso fa fiori a forma di troll, Keflavik, Islanda |
Un paese “cash free”. I viaggiatori un po’ attempati si ricorderanno i travel check, sorta di “assegni turistici” che consentivano di andare in giro senza portarsi dietro troppo contante. Una volta acquistato presso una banca, l’assegno veniva scambiato da un’altra banca all’estero. Il rischio era che la seconda banca non riconoscesse la firma dell’acquirente e rifiutasse di scambiare il travel check. A me è capitato in Kenya.
Gli stessi viaggiatori ricorderanno senz’altro i patetici tentativi di portare all’estero il denaro necessario per il viaggio quando non si potevano esportare o importare che somme irrisorie di denaro, assolutamente insufficienti: banconote nelle scarpe o in un doppio fondo nella cintura dei pantaloni. Retaggio di un triste passato, almeno per quel che riguarda l’Islanda. Nessuno arrivato qui scambia la propria moneta con la valuta locare (corona islandese). In Islanda si paga ogni cosa (fino ai bagni pubblici e ai parcheggi) con una carta di credito o di debito. FANTASTICO!
Un paese “complicato”? Si dice e si legge che l’Islanda è un paese un po’ “complicato” e forse è vero. Di sicuro è meglio essere a conoscenza di alcune particolarità che possono in incidere sulla gradevolezza del viaggio.
I costi
(maggio-giugno 2024).
In un paese nel quale per legge è fissato uno stipendio minimo di poco più di
2.000 € al mese (stimato nel 2021), è evidente che il tenore di vita è elevato
e questo si riverbera sui prezzi di ogni bene. Benzina a 2,2-2,3 euro/litro, fish
& chips in un fast food a 25 €, un buon piatto di pesce o
agnello in un buon ristorante a 40-50, una camera a due letti in una guesthouse
o in una fattoria, spesso con il bagno in comune, difficilmente sotto i 200 (e
prenotata con mesi di anticipo). Credo che basti per rendere l’idea. Al punto
che noi, come molti altri visitatori, ci siamo portati in valigia un po’ di
cibo per prepararci qualche pasto in casa dopo aver prenotato qualche
abitazione con l’uso di cucina. In tutta la mia vita mi era capitato di
portarmi cibo da casa solo in Mauritania, più di trenta anni fa, ma quella era,
ed è, uno dei paesi più poveri del mondo, non uno dei più ricchi d‘Europa
(appunto, direbbe qualcuno). Altro piccolo esempio: i bagni pubblici (tutti a
pagamento) vanno dai due ai tre euro.
Il meteo. Anche il meteo non aiuta. Se raramente si va sotto zero, è difficile superare i 12-13 gradi. A fine maggio e inizio giugno ho viaggiato giorno e notte con addosso un parka, anche per difendermi da un vento freddo e costante che superava spesso i 50 km/ora. Sul lago Myvatn abbiamo beccato una tormenta di neve che è durata tre giorni. Siamo riusciti sfuggirle il secondo giorno guidando pericolosamente per mezza giornata su una strada coperta di neve. Per gli islandesi è un evento quasi normale, in questi casi chiudono le strade, anche la numero 1, isolando intere regioni e aspettano la fine della tormenta. Semplice, ma se si ha un volo a breve…
Troppa America. Il paese è nordico e, come tutti i paesi nordici europei, è troppo “americano”: cibo, cultura, abitudini, rigidità e maniacale precisione in tutto, la fanno assomigliare troppo al nord America e, per me, questo non è sempre un pregio. Forse anche in cambio di servizi di ottimo livello.
Troppo turismo (overtourism). L’afflusso di più di 2 milioni di turisti all’anno in un’isola che è grande come l’Italia del nord, richiederebbe delle strutture di accoglienza che il paese non sembra avere o, forse, non intende avere e questo incide ovviamente sui prezzi, soprattutto degli alloggi. E “rovina” la visita a molte delle attrazioni più popolari, soprattutto a ovest. Non è raro infatti trovare centinaia di auto e di pullman schierati davanti alle cascate più belle. E ci dicevano che in luglio e agosto la situazione ovviamente peggiora.
Inoltre l’Islanda negli ultimi tempi va di moda e viene spinta da moltissimi operatori turistici. La conseguenza è che se “tutti” ci vanno, la “qualità” dei turisti è scarsa. Fortunatamente il tempo medio di permanenza nel paese dei turismo massivo pare essere di una settimana e questo limita fortunatamente l’accesso alle parti orientali, più lontane dalla capitale, nelle quali l’afflusso è decisamente più contenuto. Diciamo che, usciti dal circuito Reykjavik, penisola di Reykjanes, Pingvelir, Golden Ring, Selfoss, Vik, Hofn (forse), si comincia a respirare.
Un paese
monotematico. In
Islanda non ci sono alternative alla natura. La sua storia è quella di un paese
conquistato da stranieri, e poi faticosamente liberatosi, che non ha lasciato
che flebili tracce di un passato abbastanza recente. Una storia “normale”, dove
cultura (nonostante saghe nordiche, elfi e troll) e archeologia sono pressoché
inesistenti. Lo dimostrano i musei di Reykjavick che cercano nella diversità e
nel loro numero la rivalsa sulla povertà dei contenuti.
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