Art Deco a Miami Beach, Florida, USA |
Stato attraversato: Florida (USA)
Itinerario:
Miami Beach, Miami, S. Agustine, S. Petersburg, Everglades City,
Everglades Nat. Park, Key West, Miami)
Everglades Nat. Park, Key West, Miami)
Periodo: dicembre 2005-gennaio 2006
Durata: 2 settimane
Ne parlo nel libro: Ci sono posti così
Dicono
che la Florida sia lo stato USA dell’estate perenne, del sole e del mare, dove
tutti quelli che possono vanno a svernare o vivere quando vanno in pensione. Ed
è vero. E’ anche lo stato del divertimento, tipico americano, di Orlando e
Disney World e i loro demenziali intrattenimenti che noi abbiamo accuratamente
evitato. E’ anche lo Stato dei brividi astronautici, perché ospita Cape
Canaveral che a noi non interessava, anche perché al momento non c’erano lanci
in programma. Quindi, mi si potrebbe chiedere, perché la Florida? Perché è uno
stato che offre molto, oltre al sole e alle spiagge: il deco di Miami Beach, il bellissimo parco degli Everglades e infine
le meravigliose Key (la serie di isole che si buttano verso sud nel golfo del
Messico e che un unico ponte lega alla terraferma come un guinzaglio) e la
commovente Key West.
Un museo deco all’aria
aperta. Si scrive
Miami, che non è un granché, ma si pronuncia
Miami Beach, una striscia di sabbia che il mare separa dalla terraferma di
fronte alla metropoli. E’ un miracolo di salvaguardia di storia e architettura in
un paese (gli USA) non interessati al passato e alla memoria. Nel 1926 un
uragano rase al suolo Miami Beach che venne ricostruita con lo stile allora in
auge: l’Art deco. Sopravvissuta all’uragano la città corse il rischio di
sparire negli anni cinquanta, quando si rese necessario ristrutturare molti
palazzi. I “palazzinari”, intuendo la strategica importanza commerciale e turistica
del luogo, pensavano di buttar giù tutto per ricostruire da zero. Iniziò così la
battaglia culturale e legale per la sua salvaguardia e alla lunga vinse l’idea
di risparmiare e valorizzare la spettacolare e unica bellezza di quello che oggi
si chiama “Distretto
dell'Art Déco di Miami”.
Art Deco a Miami Beach, Florida, USA |
Everglades Nat. Park. C’è un grande lago nel centro della Florida: il lago Okeechobee. Quando
nella stagione delle piogge (novembre – marzo) il lago esonda, le acque fluiscono
lentamente verso sud e vanno a alimentare un'ampia area umida. Qui prospera
una fauna molto varia nella quale primeggiano gli alligatori: l’Everglades
National Park.
In ragione della tipicità dell’ambiente naturale il parco ospita
soprattutto un’incredibile varietà di uccelli.
Cormorano, Everglades Nat. Park, Florida, USA |
L’uragano Katrina
(agosto 2005). La Lousiana fu lo stato più colpito
dall'uragano catalogato come il più grave della storia degli Stati Uniti. La
città più colpita da Katrina, fu New
Orleans, una delle principali città della costa: fra la fine di
agosto e l’inizio di settembre l’80
per cento della città finì sott’acqua.
Ma anche la Florida non se la passò molto meglio. A distanza di qualche
mese, i danni erano ancora evidenti a Everglades City. Facevano impressione. In
fondo al corridoio del primo piano dell’albergo dove alloggiavamo nei giorni
delle visite al parco degli Everglades, l’unico del paese, di fianco alla porta
della nostra camera, era appesa una pesante tenda di plastica. Curioso la
spostai, volevo vedere cosa c’era dietro. Dietro c’era il vuoto, un altro passo
e sarei precipitato in giardino. Katrina si era portata via non solo la parete,
ma l’intera ala sud dell’albergo. Per questo avevamo faticato a trovare una
camera libera.
Mentre sistemavo le foto e i testi del viaggio per il Blog, mi sono imbattuto in un libro che non conoscevo: "Zeitoun" di Dave Eggers, autore a me già noto per aver letto il suo splendido "Il cerchio", che consiglio. Narra la storia di una famiglia di New Orleans che subisce la tragedia, e gli abusi delle stato, difendendo la sua vita dall'uragano. Una storia vera. Consiglio anche questo.
La copertina di ZEITUNG, di Dave Eggers |
Mentre sistemavo le foto e i testi del viaggio per il Blog, mi sono imbattuto in un libro che non conoscevo: "Zeitoun" di Dave Eggers, autore a me già noto per aver letto il suo splendido "Il cerchio", che consiglio. Narra la storia di una famiglia di New Orleans che subisce la tragedia, e gli abusi delle stato, difendendo la sua vita dall'uragano. Una storia vera. Consiglio anche questo.
“E’ un gran bel localino, Bob!” (Capodanno country). Ricordate la celebre
battuta di Jake (The Blue’s Brothers) quando si complimenta con il padrone
del Bob’s Country Bunker? Conosco questi tipici, fantastici locali americani,
ma ogni volta che vi metto piede vengo sempre colto da stupore, curiosità e, in
fondo, interesse.
Orchestrina country, capodanno a Everglades City, Florida, USA |
Eravamo ad Everlades City, l’ultimo dell’anno. Per aspettare
il 2006 non c’erano alternative a quel locale che mi ricordava il localino
di Bob. Stessa musica (country), qualcuno con il
cappello da cowboy e cravattino di cuoio alla John Wayne, camice con vistosi
ricami. Non c’erano più di quindici persone, orchestra compresa. Sorpresi dalla
nostra presenza, i pochi presenti furono gentilissimi con noi. Festeggiammo
tutti insieme. Passai almeno mezz’ora per tentare di capire il funzionamento di
una macchina elettromeccanica che serviva per votare, mi dissero, senza
riuscirci nonostante le spiegazioni che mi fornirono. Sembrava un juke box.
Serata indimenticabile.
Quanto sei vicina Cuba! A Key West c’è una specie di boa di
cemento alta due metri bianca e rossa in riva la mare. È un monumento di quelli
che gli americani, che amano le statistiche e i primati (il più alto, il più
lungo, il più…), adorano. Questo insignificante piolo piantato sul marciapiedi
indica il punto più a sud degli Stati Uniti continentali.
La definirei
un’informazione alquanto inutile, se non fosse che il monumento, per la potente
comunità dei fuoriusciti cubani di Miami, ha mutato nel tempo in politico il
suo significato geografico. Quello non era solo il punto più a sud degli Stati
Uniti continentali, ma anche il più vicino a Cuba, solo novanta miglia. E
da là sognavano un improbabile rientro in patria e la rivincita sull’odiato
Fidel Castro. Oggi che Fidel se n’è andato, chissà cosa provano per quel luogo
carico di significato.
Le galline di Key West. Non avrei mai immaginato di incontrare
tante galline per le strade di una città, fuori da un pollaio. Protette dalla legge e
rispettate da tutti, andavano in giro razzolando su Duval Street, la via più elegante della città, entravano ed
uscivano con disinvoltura dai negozi del centro. Cercavo di immaginarmele a
Bologna in un negozio di galleria Cavour (Luis Vitton, ad esempio), a Milano in via Montenapoleone, a
Roma in via Condotti: la reazione dei clienti, lo stupore dei commessi.
Galli e galline a passeggio in Duval Street, Key West, Florida, USA |
Perché
questo è più o meno il livello. Le auto si fermavano per lasciarle attraversare
la strada. Sembra che siano liberi discendenti dai galli da combattimento portati
dai cubani. Era una presenza simpatica ed ero contento per loro, forse le
uniche galline al mondo non destinate alla pentola.
Le invasioni barbariche. L’avevo visto a Tallin (Estonia), a Loreto (Bassa California) e
l’ho rivisto a Key West. Capita ogni giorno anche a Venezia, ma in una città
intossicata da milioni di turisti, cosa volete che faccia qualche migliaio in
più o in meno di persone? Invece in cittadine di poche decina di migliaia di
abitanti e pochi turisti, cinquemila arrivi improvvisi, vomitati da una supernave
da crociera, hanno un impatto devastante. Si aggirano in gruppi di 10 o venti
alla volta, frettolosi. Per fortuna rimangono concentrati in zone circoscritte,
come se un filo invisibile li obbligasse a non allontanarsi troppo della nave.
Hanno poco tempo, hanno fretta, invadono ristoranti e bar, negozi e
marciapiedi. Sconvolgono la vita della città come uno tsunami. Bisogna solo aspettare qualche ora: torneranno presto a
bordo e se ne andranno ad aggredire un altro luogo, bello e incolpevole.
Passato il tornado, finalmente potemmo tornare a goderci Key West… fino all’arrivo della crociera successiva.
Key
West AIDS Memorial.
La
guida dedicava al luogo poche righe, queste: “Al termine di White Street in
direzione dell’oceano c’è un sobrio monumento commemorativo ai malati di AIDS
composto da lastre di granito sulle quali sono stati incisi i nomi di coloro
che sono scomparsi a Key West”. L’indicazione, secondo me un po’ scarna,
raccontava una terribile storia che merita altri dettagli. Le lastre erano
installate a terra, al livello del piano stradale, gravate dal peso dei nomi
più che del granito. Alla fine di White Street era là che il monumento
accoglieva il visitatore, là si presentava: KEY WEST AIDS MEMORIAL. Davvero il
monumento era sobrio, come annunciava la guida: nessuna scultura, nulla di
roboante, altari o cippi, solo le lastre di granito e i nomi. Nulla, nessun
cimelio impediva allo sguardo di spaziare oltre il monumento, nessuna curiosità
imponeva una sosta, anche breve, al visitatore che, anzi, sembrava esortato a
transitare sui nomi, perfino senza scendere dalla bicicletta, volendo, e a
proseguire. Sullo sfondo una fila di palme mosse dalla brezza, al di là delle
palme il blu dell’oceano.
Il
monumento ricordava, per chi l’avesse dimenticata, la storia drammatica
dell’AIDS in modo delicato, garbato e senza eccessi. Testimoniava di una città
ancora ferita, quasi esausta, che faticava ad uscire dal dramma o forse non
desiderava farlo per non dimenticare.
Quando
fu inaugurato il memoriale riportava 730 nomi, al momento del nostro viaggio i
nomi erano arrivati a mille. Un memoriale alla vittime dell’AIDS esiste in
molte città, il morbo colpì duro ovunque, ma a Key West le circostanze furono
molto diverse. Perché più dei numeri occorre considerare le proporzioni: il
conto delle vittime, per quanto inaccettabile, può sembrare contenuto in
confronto ad altre tragedie - guerre, terremoti… - che hanno segnato la nostra
storia, ma un migliaio di vittime su una popolazione di circa venticinquemila
abitanti, equivale a quindicimila persone in una città come Bologna! Numeri
sconvolgenti, da peste manzoniana.
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