(per concessione dell'editore POLARIS)
La festa era
al culmine e la gente sciamava allegra nelle strade. Vedevo capifamiglia con
mogli e figli al seguito, giovani che si pavoneggiavano appoggiati alle auto o
seduti sui motorini, ostentando la loro giovinezza e la sicurezza di chi pensa
di avere il futuro nelle mani. Gruppi di ragazze spensierate passeggiavano
ridendo e parlandosi all’orecchio, felici per una libertà forse consentita solo
per quei pochi giorni di festa. I bambini correvano da ogni parte e urlavano
come indemoniati. Qualche cane li
accompagnava abbaiando.
C’era la festa delle rose a El Kelàa M’Gouna, tra le montagne dell’Atlante marocchino. La organizza ogni anno questa cittadina per festeggiare il raccolto della rosa damascena che la tradizione vuole arrivata fin lì dalla Mecca. Una festa che dura 3 giorni, un’occasione per festeggiare e celebrare la raccolta dell'anno. Sotto una pioggia di petali le ragazze attraversano la città per ballare e sfilare nei cortei. Le strade diventano un unico grande mercato di mazzi profumati e di ogni sorta di prodotto derivato dalle rose. Al suono degli strumenti musicali più diversi una sfilata di carri si snoda lungo le strade. A sera si tiene inoltre un festival di musica popolare che richiama nel teatro all’aperto della cittadina la gente delle vallate circostanti.
C’era la festa delle rose a El Kelàa M’Gouna, tra le montagne dell’Atlante marocchino. La organizza ogni anno questa cittadina per festeggiare il raccolto della rosa damascena che la tradizione vuole arrivata fin lì dalla Mecca. Una festa che dura 3 giorni, un’occasione per festeggiare e celebrare la raccolta dell'anno. Sotto una pioggia di petali le ragazze attraversano la città per ballare e sfilare nei cortei. Le strade diventano un unico grande mercato di mazzi profumati e di ogni sorta di prodotto derivato dalle rose. Al suono degli strumenti musicali più diversi una sfilata di carri si snoda lungo le strade. A sera si tiene inoltre un festival di musica popolare che richiama nel teatro all’aperto della cittadina la gente delle vallate circostanti.
In quel
frastuono polveroso tornavo con la mente alle feste del mio paese dove da bambino
andavo accompagnato dai genitori. La stessa confusione e quasi gli stessi
suoni, la medesima allegria e libertà d’azione, mia e dei miei amici, fuori dal
controllo degli adulti. Erano poche ore di felicità pura e intensa, prima di
venire tutti richiamati e riportati a casa.
Anch’io
ero lì per la festa, quasi soffocato dal via vai delle persone, seduto
ad uno dei tavolini che un barista
intraprendente aveva disposto nel giardinetto di fronte al suo bar.
Mentre
il mio sguardo cercava di distinguere i particolari di quella baraonda, mi
sentii toccare una gamba. Abbassai lo sguardo e chinato ai miei piedi, quasi in
ginocchio, vidi un ragazzo che mi proponeva a gesti di lucidarmi le scarpe.
Conoscevo la circostanza, provavo imbarazzo e la prima reazione fu quella di
rifiutare, gentilmente ma con decisione. La stessa reazione che avevo nei miei
primi viaggi, quando mi sentivo l’uomo bianco che non ha vergogna ad accettare,
se non a richiedere, per due soldi il più umiliante dei servizi. Farsi pulire
le scarpe! Ma, viaggio dopo viaggio, ho capito che le mie responsabilità di
occidentale verso i paesi poveri sono di altro tipo e che è meglio spendere il
mio imbarazzo per altre colpe, mie o degli europei, verso quella gente. Così
con un cenno del capo dissi di sì e il ragazzo cominciò il suo lavoro, mentre
io mi lasciai assorbire di nuovo dalla baldoria.
Quando ebbe terminato
abbassai gli occhi per guardare le scarpe. Perfette! Chiesi quanto gli dovevo,
ma il suo francese era incerto e faticavamo ad intenderci. I gesti delle mani,
soprattutto le mie, provavano a facilitare la comprensione ma davano la
sensazione a chi guardasse da lontano che stessimo discutendo, forse litigando.
Ed ecco infatti che i miei occhi inquadrarono il padrone del bar che accorreva.
Un pezzente disturbava il cliente europeo! Lo fermai con un cenno deciso della
mano a un tavolo di distanza e continuai a chiedere il conto al ragazzo. E
continuavo a non capire … poi finalmente: “Ce que tu veux!”. Quello che vuoi. Quello
che vuoi!
Osservai il
ragazzo con attenzione, a quel punto con molta attenzione. Non era un bambino.
Di solito sono loro ad occuparsi di questi servizi e con i bambini la pulizia
delle scarpe diventa quasi un gioco, crudele, ma pur sempre un gioco, che alla
fine si porta via i miei sensi di colpa. Chi avevo davanti invece non era un
bambino, poteva avere venti anni o forse di più. I vestiti laceri e sporchi, le
mani nere di lucido fin sotto le unghie. Portava sul viso le tracce di tutte le
creme che usava per il suo lavoro e aveva due occhi scurissimi che mi guardavano
con l’umiltà e il distacco di chi è abituato da sempre ai soprusi.
Ce que tu
veux! Coglievo con sgomento l’Ingiustizia, con la “I” maiuscola, per quel
ragazzo che nella festa più importante dell’anno, circondato dal divertimento
degli altri, era costretto a lucidare le scarpe a me e in più era tanto povero
e reietto da non propormi nemmeno una tariffa per il suo lavoro, un prezzo
iniziale dal quale partire nella miserabile trattativa al ribasso che nei paesi
poveri diverte tanto i turisti. Potevo dargli quello che volevo, anche nulla.
Anzi, ad un mio cenno il padrone del bar non avrebbe esitato ad allontanarlo a
calci. E non era un bambino! Per lui l’età del gioco, se mai c’era stata, era
finita da un pezzo. Ce que tu veux! Parole che continuavano a risuonarmi nella
mente, implacabili.
Tuttavia...
se potevo dargli quello che volevo, potevo anche esagerare, giusto? Ed infatti nel
pagarlo esagerai. Osservando il denaro insperato nel palmo della mano i suoi
occhi non si meravigliarono e non cercarono di capire, mantenendo lo stesso
distacco che avevano avuto fin dall’inizio. Poi se ne andarono. Dopo avermi
pulito le scarpe, il ragazzo mi usò anche la cortesia di non sorridermi e di
non ringraziarmi. Per questo gli sarò per sempre grato. In cambio spero che la
tariffa del tutto fuori mercato che gli elargii gli abbia permesso, almeno per quel
giorno, di smetterla di lucidare scarpe e di cercare di divertirsi. Anche lui,
magari in compagnia di una ragazza.
El-Kelàa M'Gouna, maggio 2003
El-Kelàa M'Gouna, maggio 2003
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