sabato 8 dicembre 2018

Viaggio in MAROCCO DEL SUD

Nella valle del Dadès - Marocco
Paese attraversato: Marocco
Itinerario: Marrakech, Essaouira, Agadir, Tiznit, valle degli Ammeln, Akka, Tata, Tissint, Mhamid, Zagora, valle del Dadès, Merzouga, Erg Chebbi, Tinherir, gole del Todra, gole del Dadès, valle delle Rose (El Kelàa M’Gouna), Ouarzazate, Ait-Benhaddou, Marrakech
Periodo: aprile-maggio 2003
Durata: 3 settimane
Ne parlo nel libro: Il confine immaginario

C’è Marocco e Marocco. C’è quello del nord, quello delle capitali imperiali (Rabat, Fes, Meknes o Marrakesh), del mare e delle città romane (Volubilis),  e c’è quello del sud, più “africano”, il Marocco montuoso (catena dell’Atlante) e desertico che si spinge a sud di Marrakesh. Inutile precisare che io preferisco di gran lunga quest’ultimo: è sicuramente più bello e interessante. Per le montagne, le spettacolari gole del Dadès, del Draa e del Todra, le dune dell’erg (deserto di sabbia) Chebi, estreme propaggini del Sahara nordoccidentale, ma soprattutto per la sorprendente l’architettura di terra dei suoi villaggi nascosti tra gli anfratti delle montagne. Uno spettacolo che rimanda direttamente allo Yemen.

 Marrakesh: Ci arrivai la prima volta nel 1973, ci sono tornato 30 anni dopo! Possiamo immaginare che razza di cambiamenti sono intercorsi da allora: espansione edilizia evidente, inurbamento della popolazione… anche ristrutturazioni massicce, sistemazioni urbanistiche. Ma in questa seconda visita della città mi colpì che i cambiamenti evidenti non avevano snaturato la città. Anche l’espansione edilizia, in generale, aveva rispettato alcuni canoni: edifici di 3 o 4 piani, costruzioni e colori in linea con quelli classici del centro storico. Molto era cambiato in città, ma il lavoro infame dei conciatori e tintori di pelle, immersi fino alla cintola in vasche colme di non so quali acidi, era ancora quella di trent’anni prima. La piazza Jemaâ El Fna, il simbolo del Marocco più autentico, dove convivono la culture araba, berbera e sub sahariana, musicisti, acrobati e mangiafuoco, aveva conservato il suo inarrivabile fascino: un continuo brulicare di voci e colori, venditori di tutto, giocolieri e artisti di strada. La piazza verso le sei del pomeriggio si trasformava perfino in un enorme ristorante.

Piazza Jemaâ El Fna, Marrakesh, Marocco
Apparentemente dal nulla spuntavano tavoli e tovaglie, cucine e griglie di cottura, camerieri e cuochi in bianche divise. Uno spettacolo stupefacente. Solo i venditori d’acqua non erano più quelli di un tempo. Indossavano gli stessi variopinti colori e i classici cappelli a punta di paglia, ma ormai non vendevano più acqua a nessuno, si facevano soprattutto fotografare dai turisti.
Dal 2001 la piazza, con pieno merito, è riconosciuta dall’Unesco come patrimonio orale e immateriale dell’umanità.

Essaouira. La ricordavo dalla mia prima visita bianca e rinserrata entro la cerchia delle mura a picco sul mare, il porto stipato di pescherecci carichi di pesce che rientravano dalla pesca. Verso sud un’immensa spiaggia si allungava a perdita d’occhio, lambita da una parte dalle onde dell’oceano e arginata dall’altra da una vegetazione rigogliosa punteggiata di palme. Dopo trent’anni la ritrovavo in buona parte ancora quasi intatta, anzi il centro era stato in alcune parti ristrutturato. Il porto era ancora più affollato di pescherecci di un tempo, rimaneva costante al presenza massiccia e arrogante di gabbiani dediti ad un’assillata e continua contesa con i pescatori per il pesce. 


Pescatori e gabbiani  si contendono il pesce nel porto di Essaouira, Marocco

Quello che purtroppo mancava era la spiaggia dei miei ricordi, ormai cementificata e massacrata da una schiera di villette per i riccotti della città. Era rimasto tuttavia il mercato artigianale: tappeti, sculture e mobili in legno, tavolini da tè, bellissime pitture (sono famose in tutto il Marocco).





Tombouctou: 52 giorni. Esatto, non sono km, sono giorni. Erano quelli di cammino necessari per andare da Zagora a Tombouctou (in Mali) a dorso di cammello. Questa era una delle molte piste percorse dalla “Azalai”, le carovane che attraversavano il deserto per trasportare sale e altri prodotti da un’oasi all’altra. Sessanta km al giorno, 14-16 ore di cammino ininterrotto, dove ancora resiste, una carovana è un comunità ambulante, completamente autosufficiente che porta con se tutto il necessario per la sopravvivenza, dal cibo e l’acqua per gli uomini al foraggio per gli animali. 
Il cartello che indica la pista per Tombouctou, Zagora, Marocco

Avendone incontrate alcune in Niger, posso testimoniare che si tratta di una vita durissima, soprattutto se di durata tanto lunga. Ormai da Zagorà le “Azalai” la “Azalai” non partono più e lo storico cartello, dipinto su un muro, viene mantenuto come una reliquia a ricordo delle mitiche carovane. A vantaggio dei turisti.


Architettura di terra. E’ la caratteristica più clamorosa del Marocco del sud, quella che lo fa assomigliare moltissimo a allo Yemen. Villaggi fortificati, mura merlate, moschee, caravanserragli, case normali e case nobili, decorazioni murali: tutto costruito in terra, un presepe a cielo aperto. 


Architettura di terra, valle del Draa, Marocco

Basta percorrere le valli del Todrà, del Dadès o la valle degli Ammeln, allontanarsi un po’ lungo dalle vie principali e inoltrarsi nelle valli laterali: sembra di entrare nel mondo della fate. Non c’è solo Ait-Benhaddou, il più comodo per i turisti e quindi il più noto e visitato, anche perché fu il set di film famosi: Lawrence d'Arabia (1962), Edipo Re (1967), Il tè nel deserto (1990), Il gladiatore (2000) solo per citare i più famosi. Ce ne sono molti altri, anche più belli. Ovviamente quando guardiamo la loro incomparabile bellezza con occhi più attenti, notiamo con tristezza che la vita al loro interno era ed è troppo dura e malsana e che quindi, ormai, si stanno svuotando lasciando le case abbandonate che a poco a poco si sgretolano. Il caso più triste lo incontrammo a Oumesnat vicino a Tafraute: un villaggio abbarbicato tra le rocce che nessun abitante più abitava, splendide case abbandonate e, in buona parte, diroccate.

I cialtroni del deserto. Sapevo ovviamente delle offese cialtrone che l’affarismo umano sa infierire ai luoghi più evocativi e affascinati del mondo, come il deserto. Quando c’è di mezzo il deserto del Sahara, poi, la fantasia umana si scatena. Ci sono la Maratona delle sabbie, la 100km del Sahara, la Sahara Marathon e non dimentichiamo la “Parigi-Dakar”. Non dimentichiamo nemmeno la moda più ridicola degli ultimi anni che pubblicizzano addirittura vecchi campioni dello sci alpino ormai ritiratisi dalla gare: lo sci sulle dune. Tutte attività che inquinano, sporcano e deturpano. Ma questo è il business, bellezza. Mi mancavano solo lo scorazzare dei quad su e giù per le dune dell’erg Chebi vicino a Merzouga, le poche dune di sabbia del Marocco degne di questo nome. Rumore e casino, massacro delle dune, ma affitta-quad, meccanici, rifornimenti di carburante ecc. Affari, quindi. PS: non ho, ovviamente, foto per loro.
Alla festa delle rose, El Kelàa M'Gouna, Marocco

La festa delle rose a El Kelàa M’Gouna 10. Ricorderò per sempre questa cittadina e la sua bellissima festa delle rose per due motivi. 

Il primo fu la festa di compleanno che organizzammo per una compagna di. Sforzandoci non poco nell’organizzazione del viaggio, facemmo in modo che le due feste (la sua e quella delle rose) coincidessero e cadessero nello stesso giorno. Fu una sorpresa fantastica (non se l’aspettava) di cui ci ringrazia ancora oggi. L’altro motivo, altrettanto toccante, mi coinvolse nello stesso giorno, lasciando un segno profondo nel mio cuore. Ne ho parlato in un racconto pubblicato alcuni anni fa che si intitola “Quello che vuoi!” Se vuoi puoi leggerlo QUI.

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